La seduzione del soprannaturale ha coinvolto anche un genere razionale e meccanico come il giallo. Si può affermare, anzi, che le due nature, quella irrazionale della paura e quella razionale della logica, convivano con sorprendente armonia. Il meccanismo risulta sempre il medesimo: il delitto iniziale viene ulteriormente complicato dalla presenza di una maledizione. Lo svolgersi dell'indagine porterà all'emersione della realtà, che sempre sarà logica e razionale. I capolavori in tal senso sono Il mastino dei Baskerville di Conan Doyle e Il cantuccio della strega di Dickson Carr. Quest'ultimo è un’affascinante miscela tra una maledizione che colpisce una casata, gli intrighi legati a una notevole eredità e i misteri del mondo dei defunti. Esiste una splendida versione cinematografica, I peccatori della foresta nera.
Una via ancora più specifica per coniugare il fantastico e il genere giallo è caratterizzato dall'utilizzo delle sedute spiritiche quale elemento di colore e di distrazione dall'indagine razionale. Agatha Christie ha fatto largo utilizzo di tale espediente narrativo, per poi smascherare le riunioni medianiche e consegnare al lettore il colpevole del delitto, un individuo in carne ed ossa. Resta, però, la fascinazione, il miracolo dell'ignoto, l'ombra proveniente dai remoti crepuscoli. Il suo Un messaggio dagli spiriti è il più famoso romanzo del sotto-filone spiritista e un omaggio della Christie a Conan Doyle, come Alex Falzon ha potuto sottolineare.
In Italia non possiamo vantare giallisti che si siano cimentati con costanza nell'enigma del delitto della stanza chiusa, né possiamo segnalare opere che in tal senso abbiano raggiunto risultati letterari notevoli. Nell'ambito del sotto-filone spiritistico non abbiamo avuto maggiore fortuna. Eppure, seppure il suo successo non sia stato pari alla qualità dell'opera, esiste un racconto della narrativa italiana che non solo incarna alla perfezione gli stilemi del giallo con seduta spiritica, ma rappresenta anche un'opera di notevole fattura letteraria. Si tratta del racconto di Davide Rosso Sedute spiritiche del giovedì a Treville, contenuto nella raccolta Irrealtà macabra. Rosso si dimostra non solo un fine scrittore di gialli adombrati di reminiscenze gotiche, ma anche studioso esperto della materia trattata. Nell'articolo Se ci sei batti un colpo: mystery classico e sedute spiritiche traccia i contorni del fenomeno letterario. Utilizzo qui un passaggio dell'articolo per approfondirne la natura:
Ai fini del giallo classico, le reminiscenze gotiche o spiritiche sono un pre - testo, un modo per sganciarsi momentaneamente dal pensiero puro della logica e provare a riassumere in modo metafisico, astratto, l’intera realtà delle cose. I romanzi gialli dell’epoca d’oro (diciamo dal 1915 al 1939, anno di uscita di Dieci piccoli indiani) hanno sempre trame fitte, intricate, multiformi, piene di personaggi. Ognuno è uno specchio deformante, portatore di illusioni e tortuose deviazioni. Compito del detective di turno è quello di non lasciarsi ingannare o distrarre e ricondurre tutto alla ratio, alla ragione. Ragione e verità che esistono e sono connesse alle leggi sociali, alla società civilizzata e completamente razionalizzata. Il romanzo giallo delinea un mondo particolare, una realtà fittizia e ideale, in cui il mistero è un’intrusione che genera delitti, sventure e paure ancestrali. Il mistero è ambiguo, spesso zona d’illegalità, di effrazione dalla norma. La legge è un modo per proteggere la collettività dal caos primordiale, quello da cui la società si è originata, quello verso cui tornerà un giorno. La ratio è una sentinella, una fiammella di salvezza dalla deviazione e (vera) anarchia rispetto al non senso della vita. L’universo del giallo classico si aggrappa sempre a dei luoghi chiusi (per quanto grandi come un’isola), a dei personaggi circoscritti, compressi in un buon senso vittoriano coi suoi mediatori e sacerdoti (la polizia, il giudice, l’avvocato, il notaio, il detective, il medico); il bisogno che si avverte sotto le strutture schematiche e ripetitive è quello di arginare l’avanzata ambigua della morte, forza elementare e superiore, capace di infiltrarsi nella comunità dall’esterno o dall’interno. Morte, mistero, peccato, forze spiritiche, voci dei morti dall’aldilà, incarnazioni di un pre - mondo caotico e cosmico sempre pronto a ingoiare la società civilizzata.
La struttura meccanica del giallo non viene modificata dall'accesso al mondo dei misteri ultraterreni. Il giallo cannibalizza il genere gotico e si ciba delle fascinazioni irrazionali dell'epoca. Da studioso assorto del genere in tutte le sue forme, ho tentato nel corso degli anni una sfida temeraria, che aveva per obiettivo quello di ribaltare i canoni e consegnare al lettore un modo nuovo di concepire il giallo mescolato al fantastico. In Rebus notturno con nebbia ho accettato la sfida con il rebus del delitto della stanza chiusa, che ho poi ibridato con il genere fantastico, ma con l'intenzione di capovolgere il meccanismo adottato dagli scrittori che mi hanno preceduto, pur rimanendo fedele alle regole di base del giallo classico.
Un topos inflazionato nel genere giallo è quello del delitto in riviera. L'ambientazione marina (ma sono vive anche le sue variazioni, come ad esempio il giallo lacustre, di cui in Italia rinvengo un esponente in Marco Polillo, il quale, oltre ad aver avuto il merito di riesumare, con la sua casa editrice, molti gialli stranieri dell'epoca d'oro del mystery, ha anche scritto alcuni romanzi di genere, tutti ambientati sulle sponde del lago) tinge di malinconia le trame gialle e immerge il lettore in una dimensione colorata e viva, dove alla morte spesso si unisce il conturbante di un amore complicato, di ricordi viscerali. Il giallo in riviera vanta alcuni romanzi italiani di notevole fattura. Forse, quello che merita la menzione maggiore è Enigma in luogo di mare di Fruttero & Lucentini. Della "ditta" si è già detto tutto ciò che si poteva dire e Opere di bottega a cura di Domenico Scarpa spiega nel dettaglio le dinamiche con cui i due scrittori imbastivano le trame e davano forma alla creatura letteraria.
Meno blasonato di altri romanzi, Enigma in luogo di mare circoscrive le interazioni tra gli abitanti di un luogo chiuso: una pineta affacciata sul mare, all'interno della quale si consuma un delitto. Le indagini prendono forma lentamente e non sono sottoposte a pressioni o ingerenze come in La donna della domenica. Coinvolti nel tratteggio del luogo sono anche gli animali: abitanti che potrebbero avere commesso involontariamente il crimine. La scrittura elegante e mai banale delinea una storia che, seppure utilizzi i codici meccanici del genere giallo, lavora in sottrazione e li cannibalizza per raccontare una storia di vita, una condizione esistenziale, una malattia. Parlo della depressione, malattia ben nota ai due autori. Il libro trascende i propri compiti, i suoi intenti: è e resta un giallo, senza avere la caratteristica di deludere il lettore, o di deviarlo clamorosamente, nelle sue istanze di base (come invece fece in più di un’occasione Piero Chiara), ma nel messaggio finale lo oltrepassa e lo stravolge.
Per anni ho ricercato libri di genere che utilizzassero il tema della fabbrica. O della "azienda totale" per dirla alla Renato Curcio, autore dei saggi di sociologia dedicata al mondo del lavoro più importanti degli ultimi decenni. Il genere giallo, e con lui anche il thriller, è sempre stato un genere evasivo, con il compito di trasportare il lettore in un mondo altro, privato dello sforzo massacrante e alienante del lavoro. La storicità delle trame decade in favore di luoghi stilizzati e idealizzati. Il celebre paese sperduto nella brughiera della Christie, il mondo sotto la campana di vetro. L'idealtipo della società che viene rotto dall'avvento del delitto e lo sforzo del detective protagonista di estirpare il male, di ristabilire l'ordine. Un ordine sano e benefico. Le lotte operaie, gli scioperi, le sommosse: materiale che non sfiora le trame idealizzate dei gialli. E con una certa colpa.
Il cosmo operaio degli anni Settanta della Torino della Fiat è invece protagonista dell'interessante La nipote scomoda di Massimo Felisatti e Bruno Gambarotta. Alcuni tecnici specializzati del reparto brevetti cominciano a scomparire e un ingegnere meridionale ipotizza i contorni di un complotto interno alla fabbrica. Si allunga l'ombra di un assassino mosso da finalità economiche e di egemonia tecnologica. La trama concede terreno al tema dell'integrazione degli operai provenienti dal sud Italia nelle lande nebbiose del nord. E affronta le tematiche della migrazione interna alla penisola italica, dei sacrifici quotidiani, della fatica lavorativa e dell'esclusione sociale. Il tessuto narrativo, con il procedere dei fatti, prenderà le forme del complotto e il testo sarà precursore di certa narrativa e cinematografia successiva, assolutamente inascoltato, sia chiaro. Il libro oggi è reperibile solo nei fondi di magazzino o ai mercatini delle pulci. Eppure Bruno Gambarotta è stato scrittore e frequentatore di salotti televisivi con un certo seguito di pubblico. La sua passione per Torino è testimoniata dalla sua intera produzione su carta.
Scelgo qui due testi, che per qualità mi interessano maggiormente: penso al noir di stampo giornalistico Il colpo degli uomini d'oro. Il furto del secolo alle Poste di Torino, dove lo scrittore, al termine della sua carriera, ricostruisce dalle pagine dei giornali dell'epoca un antico colpo alle poste, e Torino, lungodora Napoli, ambientato all'ospedale Molinette. La nipote scomoda è l'opera d'esordio del giornalista Gambarotta, che a quarant'anni confeziona un giallo atipico, appoggiandosi all'esperienza di un vecchio filibustiere del genere, che all'epoca della pubblicazione con Gambarotta aveva alle spalle pubblicazioni del calibro di Violenza a Roma, con il collega di sempre Fabio Pittorru (autore, tra molte altre opere di genere giallo, noir e thriller, della sceneggiatura del thriller La dama rossa uccide sette volte), e Un delitto della polizia? e sceneggiature di film thriller di successo - e vere e proprie pietre miliari del genere - come La notte che Evelyn uscì dalla tomba e Nude per l'assassino. La coppia Gambarotta - Felisatti si esaurirà con questa singola opera, La nipote scomoda, appunto. Ed entrambi proseguiranno le proprie carriere, tra romanzi, sceneggiature e prove registiche (questo vale solo per Felisatti).
Ben diversa sorte toccò alla coppia formata da Felisatti e Pittorru, capace di segnare l'epoca degli anni Settanta a cavallo tra generi attigui e in grado di contaminarli. Le loro prove insieme testimoniano di una tensione volta a far confluire i generi giallo, thriller e noir in un contenitore poliziesco dalle tinte cangianti, in grado di raccontare l'Italia del Boom economico e le sue storture: i loschi traffici giocati sui tavoli nascosti del potere, lo sfruttamento in tutte le sue forme, le deviazioni sessuali e le parafilie, le sperequazioni economiche e i sacrifici di un'intera nazione sconvolta dai contrasti sociali e dalle rivendicazioni nascenti, dalla demolizione della famiglia tradizionale e dal confluire sul capo della nostra penisola degli interessi di nazioni più influenti. La coppia Felisatti - Pittorru è oggi scarsamente ricordata e per nulla studiata e ingiustamente. Al pari di altri autori che ho citato nel corso di queste pagine, meriterebbe di essere riscoperta.