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Daniele Vacchino

Daniele Vacchino

Daniele Vacchino è nato a Vercelli nel 1982. Ha scritto il giallo metafisico "La pinacoteca delle copie", il noir "I balordi di Tulear" e la raccolta di racconti fantastici "Gotico vercellese". I

Che uno muoia, lo si può anche capire, ma che poi in tutti questi anni non abbia mai più fatto visita al padre, anche solo per pochi minuti, e non sia mai venuto a cercarmi di sera, né si sia più interessato alla sorte del figlio, tutto questo è difficile da sopportare. Che uno non faccia mai più ritorno e che di lui si perda ogni traccia, perché la sentenza nei suoi confronti è stata pronunciata una volta per tutte e vale per l’eternità, è questo che rende terribile la morte.
Bruno Vacchino, “Parla coi morti”, Novilunio Stampe Amatoriali, 2017.

L'intenzione più evidente della letteratura contemporanea è quella di assecondare i gusti del lettore. Le mode sono la cifra esatta del presente, Wilde lo avrebbe confermato. Nei testi gialli, però, l'adesione della scrittura alla moda del momento raggiunge una cifra stilistica abnorme e spesso ci capita di poter saltare delle intere pagine, senza con questo perdere il senso della narrazione. Cosa differenzia dunque un'opera letteraria, di ispirazione artistica, dal lavoro mercatale dell'editor, intento ad adeguare l'opera narrativa ai gusti del pubblico?

Nel genere giallo si sono sviluppate alcune tendenze che hanno preso il sopravvento, finendo con il caratterizzare il genere e rendere possibile dividerlo per sottocategorie. Tali tendenze archetipali sono ben individuabili. Ha avuto larga diffusione, per esempio, il tentativo da parte dei giallisti di comporre il perfetto enigma della stanza chiusa. Locked room murders and other impossible crimes: a comprehensive bibliography di Robert Adey raccoglie oltre duemila opere che hanno affrontato la prova. Se E. Allan Poe può esserne considerato il precursore, è in terra inglese che si assiste alla proliferazione più sostanziosa del sotto-filone. Personalmente, ritengo che lo statunitense John Dickson Carr sia considerabile il campione della categoria. Nel romanzo Le tre bare possiamo leggere una lunga dissertazione teorica sul filone in questione.

Esistono libri che sono fatti di una scrittura anonima e che non aggiungono nulla al reame di carta esistente, né lasciano un messaggio nei tessuti connettivi di chi li ha letti. Eppure possono essere piacevoli, sugli scaffali delle librerie scompaiono rapidamente, vengono venduti come pane. E poi esistono libri composti con una scrittura personale, dove tra le righe il lettore esperto può rinvenire il seme di un intento artistico, di affermazione autoriale rispetto al marasma di carta scritta che respira in ogni angolo del pianeta e del tempo. E magari da questa seconda categoria, il lettore può estrapolare un senso delle cose, un messaggio, a dirla banalmente, che lo spiazzi, che gli consegni una visione del reale differente rispetto a quella che aveva prima, una concezione della logica modificata, proprio grazie alla porzione di innovazione che lo scrittore ha trasmesso alle sue pagine.

Paolo Falconi è autore del saggio La bella Elvira, l’unico testo che affronti la tematica del Delitto del Corpus Domini del 1947. Ho avuto la fortuna di conoscere Paolo Falconi, giornalista esperto e saggista di grande classe, oltre che persona seria e generosa. In questa sede mi interessa capire alcuni dettagli della sua attività.

Ogni testo costruisce un cosmo narrativo, una visione del mondo. Opere appartenenti a un medesimo genere condividono una similare propensione filosofica nel delineare i tratti della realtà che la trama circoscrive. I gialli di matrice anglosassone ne sono un esempio. In generale, le opere riconducibili al genere giallo tratteggiano un cosmo ordinato, dominato dalle procedure rincuoranti, dalle attività umane positive e razionali; il delitto è un evento brutale che sconvolge l'equilibrio borghese, che è sano e rituale.

La narrativa di genere ha avuto da sempre un rapporto controverso con la cronaca. Spesso le trame gialle e thriller si sono ostinatamente allontanate, separate dagli eventi reali, quasi a esprimere una certa allergia, come se trarre spunto da eventi realmente accaduti screditasse l'operazione in narrativa. In altri casi, invece, si è assistito a un rapporto simbiotico, di dipendenza, di ispirazione, della materia narrativa dai fatti di cronaca. In un saggio sulla narrativa popolare (KKK i Classici dell'Orrore e l'Italian Giallo) mi sono spinto a suggerire la possibilità di un'inversione di ruoli: la narrativa che ispira la cronaca nera. Ma questo aspetto resterà fuori dai confini del nostro discorso.

Il genere gotico e quello thriller possiedono un grado di parentela maggiore di quel che si pensi. Entrambi sono dominati da un senso di abbandono. L'abbandono nel tempo remoto in fuga da un presente che corre è il motore del genere gotico (e non a caso è attraversato da un vento nostalgico e si affaccia nei momenti di sviluppo sociale e tecnologico), mentre l'abbandono all'irrazionale, all'irrequietezza, al delirio, alla follia è il meccanismo su cui poggia le basi il thriller. Su entrambi si allunga l'ombra del languore. Sono due generi nostalgici, in fondo.

Mi capita di interrogarmi sul rapporto che alcuni autori hanno avuto con il genere giallo. Sarà perché, da invisibile della scrittura, reputo di fare parte di coloro che, nel corso della propria traiettoria autoriale, hanno sviluppato una certa ossessione per il giallo perfetto, non tanto e non solo per quanto concerne il meccanismo di indagine e risoluzione del caso, ma soprattutto per quanto concerne la sfera letteraria.

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