Piero Chiara, che svolgeva incarichi presso diverse preture, ha attinto a piene mani dalla cronaca nera, come ampiamente testimoniato nel saggio Come il maiale. Piero Chiara e il cinema, a cura di Federico Roncoroni e Mauro Gervasini. (Ma il discorso può essere esteso a un autore come Giorgio Scerbanenco, che in questa sede viene solamente sfiorato, in quanto chi scrive lo reputa più il padre fondatore del noir italiano, che un giallista). Fatti di cronaca tra loro diversi sono serviti da base per la stesura delle trame dei suoi testi a tinte gialle. Particolari emersi dalle indagini degli inquirenti sono stati utilizzati dall'autore di Luino per caratterizzare i personaggi dei suoi libri. Mi riferisco in particolar modo a due opere: I giovedì della signora Giulia e Saluti notturni dal Passo della Cisa. Due testi che presentano più di una somiglianza: la nascita sotto forma di soggetti per sceneggiati televisivi o adattamenti cinematografici; il presentare i tratti intricati del caso di impossibile soluzione; la forte insistenza su elementi di mistero e di atmosfera; la presenza di pochi personaggi sulla scena e in conflitto tra loro; la suddivisione tra indagine e procedimento giudiziario; la ricostruzione dell'enigma, ispirata al noto processo Bebawi; lo scioglimento.
La domanda che qui ci interessa affrontare è la medesima che si pone Raffaella Castagnola in Un'ipotesi cinematografica per I saluti notturni dal Passo della Cisa: ci troviamo di fronte a fatti di cronaca semplicemente trasposti sulla pagina letteraria? Castagnola risponde con le parole di Piero Chiara stesso, che in Sale e Tabacchi afferma: "... Un fatto, per diventare romanzo o racconto dev'essere investito di implicazioni psicologiche che lo scrittore ricerca in sé e fuori di sé, attraverso una lunga elaborazione della realtà". Questa linea è la stessa che suggerisce l'intera produzione di Emmanuel Carrère: L'avversario è l'opera che più simboleggia la capacità dell'autore francese di far derivare i propri sforzi narrativi dalla cronaca.
La donna del lago di Giovanni Comisso è un fulgido esempio di fatto di cronaca che diventa narrativa. E il giallo di Comisso, che prende le forme dai fatti di Alleghe tracciati dal giornalista Sergio Saviane nel libro di docufition I misteri di Alleghe (la quale opera si potrebbe definire un testo antesignano di Gomorra di Roberto Saviano), è un giallo che si fa letteratura, grazie alla bravura nella prosa da parte dello scrittore, per la finezza con cui sono rielaborati i fatti di cronaca, ma anche e soprattutto per la capacità di creare un'atmosfera che stimola la tensione narrativa e abbia il potere di elevare il fatto di cronaca ad evento prototipico, a stereotipo dell'immaginario collettivo. Il giallo dello scrittore trevigiano, oltre ad avere il merito di rappresentare il soggetto dell'omonima pellicola di Luigi Bazzoni - una delle opere che dà il via all'italian giallo - va riscoperto perché appartiene alla categoria del giallo letterario. Premio Strega con Un gatto attraversa la strada, Giovanni Comisso è autore in grado di trasferire una propria visione del mondo, di intessere trame dal complesso risvolto psicologico, di narrare le vicende con una lingua autoriale, di plasmare i generi sulla base delle proprie esigenze artistiche.
Sebbene per ragioni differenti, anche l'opera di Sergio Saviane merita una più corretta ricollocazione all'interno della narrativa italiana. Come accennato in precedenza, il suo I misteri di Alleghe rappresenta un prototipo di testo che si nutre dei modelli della diaristica, del racconto, della cronaca e del documentario. Un prodotto ibrido che anticiperà produzioni successive di altri autori. Del testo di Saviane affascina il mistero creato da un vecchio caso di cronaca nera rimasto irrisolto e la capacità del giornalista di riportare l'attenzione su di esso.
La ricostruzione di un antico delitto privo di responsabili è il senso di molte produzioni su carta. Tra le più notevoli, va segnalata La bella Elvira del giornalista Paolo Falconi. Si tratta di un libro affascinante, ingiustamente finito fuori catalogo. Il libro sprigiona fascino per via di alcuni chiari fattori: è l'unico testo che si faccia carico di ricostruire uno dei delitti più brutali della storia italiana, vale a dire il cosiddetto delitto del Corpus Domini, avvenuto a Toiano (provincia di Pisa) nel 1947; il testo, oltre a essere una minuziosa ricostruzione dei fatti accaduti e mettere in scena una sequela di possibilità logiche che spiegherebbero l'accaduto, è anche un nostalgico ritratto di Elvira Orlandini, che nel corso degli anni è diventata un malinconico simbolo delle ingiuste violenze patite, come testimoniano gli innumerevoli ex voto e promesse d'amore che il suo cenotafio attira ancora oggi; il libro possiede un corredo fotografico che testimonia non solo i volti dei protagonisti della vicenda, ma anche le sembianze di luoghi che oggi sono spopolati. Oggi Toiano è un paese fantasma. Oggi la Bella Elvira è una vittima dimenticata.
La bella Elvira di Falconi assurge a estremo ricordo, ultima testimonianza di un pezzo di storia umana, sociale, culturale, ambientale che si è sgretolata. È un commiato delicato al tempo della giovinezza, una preghiera estrema contro il nero che sorvola tutti noi e che minaccia di inghiottirci. Riscoprire il libro di Paolo Falconi significa non solo entrare in contatto con quel delitto e l'inchiesta a esso connessa, ma anche aprire gli occhi su un pezzo di storia contadina dimenticata, su un tratto d'Italia che il tempo ha quasi del tutto cancellato. Con Elvira Millemorti, un breve testo poetico che mescola la cronaca con la metempsicosi, ho voluto omaggiare quel fatto di cronaca nera e il ricordo di Elvira Orlandini, costruendo un immaginario ponte tra l'opera di Paolo Falconi, che ha una valenza storica e documentaristica, e la mia, che è un'iniziativa di poesia simbolista.
Di intenzioni diametralmente opposte rispetto all'opera di Paolo Falconi è il saggio che Davide Rosso dedica al caso del Mostro di Firenze, dal titolo Voix. Si tratta di un testo difficilmente definibile, che costeggia (e per certi versi volutamente ignora) i fatti di cronaca, per dedicarsi a un particolare che la cronaca dei delitti del maniaco fiorentino lambisce impercettibilmente. Lo scrittore vercellese si fa carico, a cinquant'anni di distanza, di reperire un fumetto che avrebbe ispirato il delitto del 1974. Un'operazione feticistica, che grazie a una lingua letteraria ha il potere di elevare il fatto di cronaca a letteratura e possiede l'intenzione di consegnare al lettore l'egemone simbolo che rappresenta il Mostro di Firenze e quel che di lui resta nell'immaginario culturale odierno.