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Abbozzate in pochi tratti sapienti, magistrali per concisione, bellezza formale e densità informativa, le Vies imaginaires di Schwob sono come la nettezza di certi veleni, si leggono come entrando e permanendo in un’allucinazione possente: sono “puro hascisc… danno fuoco all’immaginazione (…)1

Grazie a un amico vengo a sapere dell’esistenza del romanzo di Christophe Dufossé L’ultima ora (2002), tradotto da Einaudi nel 2004. Trovo facilmente una copia. L’amico mi informa che ne hanno fatto recentemente un film, visionabile su Amazon Prime. Il film (molto bello) prende altre strade rispetto al libro, virando verso tematiche ambientali. La quarta di copertina dell’edizione Einaudi riserva poche, stringate, righe sull’autore: Dufossé è nato nel ’63, fa l’insegnante e questo è il suo primo romanzo. Su internet vedo che dopo ne ha scritti altri, mai più tradotti.

Tra ampie vesti profumate, fiori artificiali e ipnotici vapori di hashish, riposa, fiore reciso nel pieno del suo splendore, un efebo: Il signor Venere è il trionfo di decadenza e perversione. In una raffinata stanza da letto color blu notte, Razionalità e Inconscio si incontrano/scontrano, mentre il confine che separa Maschile e Femminile si fa sempre più labile. Il più celebre romanzo di Rachilde – nom de plume di Marguerite Eymery – è una Venere anatomica1 sui generis: una pelle d'alabastro, innervata di inquietudini e pulsioni tipiche di fine Ottocento – il secolo del Romanticismo e del Simbolismo –, racchiude un cuore perturbante tuttora attuale.

Pasquale Di Palmo, in un delizioso libretto editato per Stampa Alternativa (Lei delira, signor Artaud, 2011), produce un sillabario essenziale per la conoscenza di un autore sfaccettato e complesso come Antonin Artaud. Di queste 21 voci mi colpiscono quelle che fanno riferimento al contesto letterario in cui si è mosso l’autore marsigliese, i suoi interessi per un meraviglioso letterario indagato in modo così personale. Non a caso la prima voce riportata da Di Palmo è proprio quella dell’alchimia, dottrina esoterica tra luce e tenebra che, insieme alla magia, abbonda nei quaderni e nelle lettere del poeta drammaturgo della crudeltà.

Ho sempre apprezzato Georges Simenon, uno di quegli autori che più o meno tutti hanno letto almeno una volta nel corso della propria vita. I romanzi che vedono protagonista il Commissario Maigret non solo sono moltissimi, ma si trovano in giro con altrettanta facilità, acquistabili anche per pochi spiccioli. È difficile immaginare che ci possa essere un titolo dell’autore belga, che possa fare al caso nostro, eppure Il trasloco è proprio tra questi: dimenticato e difficile da reperire, ma anche un poco sopra le righe. Mi piace pensarlo "diverso", e non solo per i contenuti. Ma facciamo un passo alla volta. 

Dopo la notizia del ritorno in libreria de L’inquilino del terzo piano, romanzo del quale mi sono occupato in un recente passato, ho deciso anch’io di puntare nuovamente sull’autore di quel libro: Roland Topor. In Italia, le pubblicazioni che lo riguardano hanno sempre sofferto di una difficile reperibilità, anche sul mercato dell’usato, con prezzi anche molto alti. Ben venga quindi la riproposta, da parte di Bompiani, della sua opera più famosa, conosciuta ai più grazie alla trasposizione cinematografica che ne fece Roman Polanski nel 1976.

Non ho l’obbligo di rispettare scalette o disposizioni particolari, rispondo solo a me stesso e ai pochi lettori del sito. Dico questo perché voglio esordire con una domanda: “Com'è possibile che La Gana sia un libro disperso e dimenticato?”. Nel nostro Paese non si trova praticamente nulla che lo riguardi e di questo faccio fatica a capacitarmene. Zero di zero, qualche riga o poco più. Dico questo con rammarico, invitandovi a recuperarlo, perché La Gana è uno di quei libri che non si dimenticano, un autentico pugno nello stomaco del quale non si può che parlarne… male.

Un titolo azzeccato, questo, in periodo di cattività casalinga. Lo cercavo da tempo ad un prezzo abbordabile e dopo mesi di attesa, riesco giusto a recuperarlo all’inizio delle prime misure di contenimento del coronavirus. Un segno? Non credo, o almeno, per ora non mi è ancora successo di essere scaraventato fuori casa da una torva di vicini impazziti. Che dire… rimango alla finestra, in attesa.

Planète/Pianeta

La rivista Planète/Pianeta esce in edizione italiana nel marzo/aprile del 1964. Planète (The Planet) era una rivista francese di realismo fantastico creata da Jacques Bergier e Louis Pauwels. Funzionò dal 1961 al 1972 (in Francia).

Una scoppiettante sarabanda in tonalità surreal-macabro-minore, con frequenti passaggi in ironico-maggiore ed un leitmotiv melodico brillantemente cantato in prima persona singolare. Fuochi d'artificio d'uno stile che è pazzescamente limpido e smagliante – da un lato – quanto colorito e complesso dall'altro.

Vernon Sullivan non è certo famoso per questo romanzo. In linea di massima non è famoso per nulla, ma se aggiungiamo che Vernon Sullivan è lo pseudonimo con cui Boris Vian scrisse quattro romanzi, le cose cambiano.

Ghislain de Diesbach, scrittore e biografo francese, discendente da una nobile famiglia svizzera, è conosciuto ai più per l'ottima ma antipaticissima biografia di Marcel Proust e come "curioso" di altre personalità, come la Principessa Bibesco o la signora dei salotti Madame de Staël.

«Ci si scambia una quantità di idee, ma le idee non mi interessano. Perché non ci si dovrebbe scambiare i sogni e specialmente i brutti sogni? Si possono benissimo portare in due i brutti sogni, i brutti sogni sono pesanti. Molto spesso le idee si addizionano come i numeri. Mentre i sogni o si combinano o non si combinano, vera chimica».

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