L'affascinante e scandalosa Rachilde merita di essere strappata all'oblio in cui è caduta. Nella sua Prefazione2, Ernst Boyd traccia il ritratto in chiaroscuro di una giovane solitaria: una ragazza cresciuta in una magione decadente e “infestata” degna di un racconto di Edgar Allan Poe. Il padre di Marguerite, desideroso di stroncare sul nascere la vocazione letteraria della figlia, cerca di farla convolare a “giuste” nozze a soli quattordici anni: per tutta risposta, lei tenta di annegarsi nel laghetto della villa.
Per poter inseguire i suoi sogni, la giovane assume una nuova, sorprendente, identità. Il suo alter ego, come sottolineato dalla scrittrice Fiammetta Dionisio, le consente di inserirsi in un ambiente prettamente maschile come quello letterario di fine Ottocento:
(…) Marguerite si dichiarò posseduta da un nobiluomo svedese di nome Rachilde e assunse questa identità per il resto della sua vita, facendo della sua nuova personalità anche il suo nom de plume. Questo pseudonimo evocativo di una “authorship” solitamente associata al genere maschile le consentì di pubblicare una serie di testi ritenuti inadatti alla mano di una giovane donna di buona famiglia, e al contempo una personalità trasgressiva e provocatoria andò presto a sostituire le insicurezze e le paure di Marguerite Eymery.3
A soli diciotto anni, Marguerite si trasferisce a Parigi dove cerca di guadagnarsi da vivere con i frutti del suo ingegno. Si taglia i capelli, indossa abiti maschili e fa stampare sul suo biglietto da visita la dicitura “Rachilde, uomo di lettere”. La giovane autrice alimenta la sua reputazione di vergine e, allo stesso tempo, dà alle stampe opere scandalose dedite all'esplorazione di pratiche erotiche ai limiti della perversione e all'interrogazione di nuove possibili relazioni tra i sessi al di là delle imposizioni assegnate alla nascita.4
Rachilde, complice lo spettro incombente della povertà, compone la più celebre tra queste opere in sole due settimane. Nasce così Il Signor Venere, un libro destinato ad accendere l'immaginazione di Oscar Wilde. Un romanzo, incentrato sull'erotismo femminile, in cui suggestioni classiche e mitologiche convivono con le inquietudini dell'Ottocento irrazionale, romantico e simbolista. La protagonista de Il Signor Venere ha più di un punto di contatto con la sua autrice: è un'antieroina pronta a sfidare le convenzioni e a rimettere in discussione i ruoli tradizionalmente assegnati alle donne e agli uomini.
La ricca e affascinante Raoule de Vénérande è nata in un mondo in cui le donne possono essere solo suore, mogli o puttane: il desiderio sessuale femminile deve venire represso o incanalato nel sacro vincolo del matrimonio. Raoule si rifiuta di sottostare alle regole di una società patriarcale: tira di scherma, tiene testa ai suoi ammiratori e, soprattutto, vuole essere la padrona indiscussa del suo destino e del suo corpo; in camera da letto non può esserci un altro "signore" al di fuori di lei.
Le pulsioni erotiche dell'androgina Raoule sembrano trovare la loro perfetta incarnazione nell'efebico Jacques Silvert. La donna approfitta del suo status sociale per manipolare lo squattrinato e ingenuo pittore: sa di poter plasmare a suo piacimento quel corpo così morbido e delicato. Raoule ricorre al cross-dressing e recita la parte dell'uomo innamorato: si tramuta in un “padrone” che protegge/controlla la sua remissiva amante. Allo stesso tempo, Jacques subisce un processo di demascolinizzazione: indossa vesti ampie, femminili, e abdica al ruolo "attivo" di uomo per assoggettarsi ai capricci del suo "signore".
La relazione pericolosa tra Raoule e Jacques è complicata dalla presenza di due “spettatori”, di due personaggi destinati a dare vita a un gioco voyeuristico di sguardi. Da una parte c'è Marie, la sorella di Jacques, una prostituta che mette il dito nelle piaghe di una società sessista e perbenista. Dall'altra c'è il virile Raittolbe: l'amico di Raoule sembra subire il fascino di Marie, ma l'efebico Jacques è destinato a suscitare in lui sentimenti contrastanti. La camera blu, il crogiolo alchemico in cui potrebbe nascere l'androgino, la perfetta unione tra maschile e femminile, si tramuta così nell'epicentro di pulsioni più o meno inconfessabili.
Raoule e Jacques attraversano più e più volte la linea di confine che separa i sessi, una linea molto più permeabile del previsto. Lei/lui indossa con disinvoltura sia un abito da sposa sia completi maschili. Lui/lei predilige vesti morbide e scivolate. I capelli corti e neri di lei si soprappongono ai riccioli ramati di lui. Chi osserva la scena dall'esterno è incapace di distinguere il “marito” dalla “moglie”. Il ricorso al cross-dressing diventa la norma per l'anomala coppia di Rachilde, ma basta un particolare fuori posto – un seno che balugina al di sotto di una camicia – perché l'angoscia che scaturisce dalla rigida contrapposizione tra maschile e femminile torni a insinuarsi nell'alcova blu.
L'amore tra Raoule e Jacques è perverso e insano perché riflette, rovesciandoli, i meccanismi di oppressione che schiacciano e delimitano la vita di ogni donna:
(…) in Rachilde la donna è concepita come un individuo così solo e spaesato da non poter far altro che trasformare il suo stato di eterna vittima nel ruolo del carnefice ed infliggere la sua vendetta su un maschile che nel suo mostrarsi fragile e dilaniato riflette il dolore del femminile (…).5
Raoule non può amare Jacques in quanto uomo: può solo amarlo in quanto oggetto del desiderio, Venere anatomica da plasmare a proprio piacimento. Il loro rapporto asimmetrico riflette quello che intercorre tra gli uomini e le donne in una società patriarcale. Raoule rifiuta questo modello per sé stessa, ma finisce con l'imporlo alla sua “amata”, evidenziandone i lati oscuri.
La vicenda raggiunge il suo climax in una scena morbosa, da romanzo nero, che riporta alla mente la Martire di Baudelaire e la perduta Lenora di Poe. L'atmosfera onirica e simbolista è tipicamente ottocentesca, ma l'essenza dell'opera di Rachilde è decisamente attuale: nonostante si dichiarasse antifemminista, la scrittrice ha dato voce alle donne che rivendicavano (e che rivendicano tutt'ora) il diritto di essere padrone del proprio corpo e del proprio destino. Rachilde ha sostituito alle Veneri anatomiche osservate/violate da sguardi maschili un Signor venere, una magnifica e disturbante presenza-assenza che sovverte le regole del patriarcato.
- Donne di cera scomponibili, con gli organi in bella vista, il Post, 2017
- Traduzione di Madeline Boyd, introduzione di Ernst Boyd, prefazione di Maurice Barrès, illustrazioni di Majeska, New York, Covinci, Friede Publishers, 1929
- Androgini, isteriche, profetesse. La New Woman tra ansie di degenerazione e profezie di rinascita, Fiammetta Dionisio, Università degli Studi Roma Tre, anno accademico 2014-2015
- Ibidem
- Ibidem