Moscoviade è il secondo capitolo di un trittico inaugurato dal dissacrante Recreations e concluso da Perversione. In questa trilogia, attraverso l’uso della decostruzione carnevalesca, Jurij Andruchovyc ha raffigurato la frattura storica coloniale e le sue conseguenze nel contesto socio-culturale ucraino2:
In Moskoviada (Moscoviade, 1993), Andruchovyč prosegue nel percorso di riflessione identitaria, costruendo in questo caso una ‘contro-narrativa’, indirizzata direttamente al ‘centro’ dell’impero. […] La sequenza di ‘allucinazioni’ di Otto Von F. delinea gli effetti del ‘trauma imperiale’ che priva il soggetto della possibilità di riconoscere la sua posizione esistenziale. L’unica via di salvezza per ritrovare la propria coscienza, per fuggire dalle ‘viscere’ di Mosca e tornare nella propria ‘patria’, sembra essere il travestimento carnevalesco.
Moscoviade è un romanzo dell’orrore, un viaggio allucinatorio e alcolico in cui, attraverso la lente deformante dello spirito carnevalesco, vengono raccontati i prodromi della dissoluzione dell’Urss. Il protagonista dell’opera, il poeta ucraino Ott. Von. F, ospite di una residenza universitaria dell’istituto di letteratura di Mosca, vuole uscire dall’ottica colonialista ed entrare in una fase post-colonialista e post-modernista. Purtroppo per lui, l’Impero in agonia si ostina a trattenere dentro il suo stomaco una miscela di nazionalità eterogenee, popoli desiderosi di riguadagnare l’indipendenza e la libertà:
L’Impero cambiava la sua pelle come un serpente, rivedeva le abituali fantasie totalitarie, discuteva e apparentemente cambiava le leggi e le condizioni di vita, improvvisava a proposito della gerarchia dei valori. L’impero giocava con la libertà, pensando che in questo modo sarebbe riuscito a sopravvivere dietro una facciata diversa. Ma non valeva la pena cambiare pelle. Risultò che era unica.
Andruchovyc si diverte ad accostare opposti incompatibili: stila elenchi surreali e gioca con diversi registri linguistici. La sua scrittura, riflesso dell’esperienza sperimentale del gruppo Bu-Ba-Bu, è una bevanda alcolica e inebriante. Una bevanda corrosiva, grottesca e dissacrante:
L’impero è significativamente descritto nella lingua del ‘colonizzato’. Nei dialoghi con i personaggi russi la ‘lingua imperiale’ viene riprodotta secondo l’ortografia ucraina, enfatizzando così l’effetto già dissacrante dell’utilizzo di un lessico non normativo da parte dei poeti russi che popolano il romanzo3.
Moscoviade è un romanzo intricato e ricco di corrispondenze letterarie: questa moderna ‘odissea alcolica’4 riporta alla mente l’Ulisse di Joyce e intrattiene stretti legami con Moskva Petuški di Venedikt Erofeev. Mentre Otto Von F. erra tra le strade di Mosca, sentiamo riecheggiare la risata di Voland. Se poi volessimo lasciarci andare alle suggestioni alcoliche (inizi a sentirti un tantino alticcio, Lettore?), potremmo scambiare una sordida bettola moscovita per la lugubre osteria di Satantango.
Sia Krasznahorkai che Andruchovyc hanno dato vita a romanzi postmodernisti in cui qualcuno tira le fila nell’ombra, mentre il tempo si riavvolge su sé stesso. Entrambi hanno affidato il compito di “dissezionare” la propria scrittura, mettendone in luce gli elementi chiave, a burocrati e impiegati del Soviet:
Ho sempre apprezzato il vostro umorismo nero, sottile e un po’ malevolo. Quelle allusioni, generalizzazioni, paragoni sorprendenti e metafore!
Satantango destabilizza il Lettore con la sua struttura circolare, perfetta trappola d’inchiostro, ma Moscoviade a di peggio: hai l'impressione di aver bevuto vodka per tutta la notte, complici bruschi salti temporali e scene che vengono editate/riscritte secondo i capricci dell’autore. Per non parlare della prospettiva “ubriaca” e “duplice” che caratterizza l’opera: il “tu” che racconta la storia in seconda persona, a posteriori, cede spesso la parola all’“io”, intriso di alcool, che ne è l’attore principale.
Questo io/tu narrante alticcio, misogino5, sarcastico e geniale ci conduce attraverso le viscere di un Impero in disfacimento, sul punto di “vomitare” le nazionalità che ha inglobato. Il dissoluto Ott. Von. F, novello fool shakespeariano, rovescia l’alto e il basso e, tra un delirio alcolico e l’altro, ci ricorda che la Parola è l’unica a restare in piedi quando crollano gli imperi:
(…) In ogni modo non mi ucciderete del tutto. Ho lasciato parole, parole, parole… Parole, parole, parole… i ratti sono impotenti, non riescono a morderle e bucarle. Le parole si innalzano nel vento come foglie. E che si innalzino, qualcuno un giorno le sentirà. (…)
- Traduzione di Lorenzo Pompeo e Grzegorz Kowalski, BESA MUCI Editore, 2022. Vedi La nota del traduttore
- Narrazioni ibride post-sovietiche. Per una letteratura ucraina di lingua russa, Marco Puleri, Firenze University Press, 2016
- Ibidem
- Ibidem
- Per la questione della misoginia e il ruolo del “buffone” vedi Ukrainian Women Writers and the National Imaginary From the Collapse of the USSR to the Euromaidan, Oleksandra Wallo, University of Toronto Press, 2020