Complice il rinnovato interesse per la fantascienza sovietica, grazie al successo di Solaris, la nuova collana di Agenzia Alcatraz che riscopre e ripropone grandi capolavori della letteratura russa con un focus particolare sul fantascientifico, mi sono deciso a prendere in mano Aelita, forse l’unico dei grandi romanzi di genere che ancora si fatica a reperire in libreria. Se tralasciamo, infatti, i vari Arkadij e Boris Strugackij, Evgenij Ivanovič Zamjatin e Aleksandr Bogdanov, era quasi scontato virare sul nome di Aleksej Nikolaevič Tolstoj.
Aleksej Nikolaevič Tolstoj nasce nel 1982 da una famiglia aristocratica e durante la prima parte della guerra civile si schiera con i bianchi, per poi emigrare in Europa nel 1918, tra Parigi e Berlino. Ritornato in patria nel 1922, rinuncerà al titolo nobiliare per diventare addirittura sostenitore e amico intimo di Stalin. Scrittore eclettico e dai molteplici interessi, ebbe modo di spaziare tra i generi più diversi, tra cui quello erotico, quello realistico e quello fantascientifico.
Tra le molteplici cose pubblicate da Aleksej Tolstoj, meriterebbe un approfondimento la riscrittura che fece di Pinocchio, il capolavoro di Collodi, del quale fece un vero e proprio riadattamento in chiave stalinista e dando vita a Burattino, il fratello minore di Pinocchio. In questa versione pubblicata nel 1936 per i giovani "Pionieri" sovietici, il protagonista di legno aiuta le marionette del teatro a ribellarsi al perfido Karabas Barabas e a conquistare il palco del teatro ed esibirsi senza il guinzaglio di un padrone.
Tra la versione dell’autore italiano e quella del russo c’è una importante differenza, perché Burattino non si preoccupa affatto del suo sviluppo morale o della sua trasformazione in un bambino in carne e ossa: inizia che è un semplice pezzo di legno e tale rimane fino alla fine della storia1. Ognuno stia al suo posto, insomma, che nessuno si sogni di fare voli pindarici con la fantasia e sogni di progredire nella scala delle classi sociali. Tra le altre cose, alla marionetta russa non cresce il naso quando dice le bugie, forse perché alle “rivoluzioni” piacciono troppo le bugie per incolpare qualcuno di questa cosa.
Scherzi a parte, la digressione su Pinocchio ha introdotto un tema importante per comprendere meglio Aelita. Più di un decennio prima, mentre di trovava in esilio a Berlino, Aleksej Tolstoj aveva già avuto a che fare con la politica, affidando alle pagine del romanzo le speranze di poter tornare in Russia, dopo l’esperienza da emigrato all’estero che lui stesso definì il periodo più difficile della propria vita2. Aelita doveva entrare nella grazie di chi stava al potere, esaltando un futuro radioso fatto di socialismo, proletariato ed uguaglianza sociale. Al tempo stesso, Tolstoj punta il dito contro l’imperialismo, lo sfruttamento delle classi meno abbienti e la scarsa circolazione del sapere. Non va dimenticato che lo scrittore russo era un ingegnere e non è sicuramente un caso che l’elite dominante, su Marte, trova posto dal Consiglio Supremo degli Ingegneri.
È giunto il momento di fare un passo indietro, il secondo dopo le poche righe scritte fino ad ora: il destino di Aelita non è farci guardare avanti, quanto farci apprezzare ciò che abbiamo. Alla sua uscita a puntare sulla rivista Krasnaja Nov’, nel 1922-1923, il romanzo assunse i contorni di un vero e proprio caso editoriale, tanto che non poche bambine nate in quel periodo presero il nome della protagonista. Suddiviso in trentotto capitoli distinti, è giunto fino a noi in una versione riveduta e corretta da Tolstoj nel 1937, il romanzo narra del primo viaggio compiuto dalla Terra verso il pianeta rosso e prende il via in un modo curioso, anche se tutto sommato verosimile, considerando i tempi: l’ingegnere Los’ appende per le vie di Pietrogrado un annuncio nel quale dichiara che cerca compagni che desiderano volare con lui sul pianeta Marte, dopo che alcuni segnali radio provenienti dallo spazio avevano fatto intuire che c’era vita anche su quel pianeta. L’annuncio attira l’interesse di un giornalista americano, Archibald Skiles, che offre a Los’ del denaro in cambio del reportage del viaggio, e di un ex soldato dell’Armata Rossa, Gusev, rimasto disoccupato con l’affievolirsi degli aspetti più sanguinari legati alla Rivoluzione d’Ottobre.
Los’ e Gusev salpano a bordo di una navicella a forma di uovo, costruita dall’ingegnere, dopo anni di calcoli e di duro lavoro manuale. Il viaggio ha successo e i due cosmonauti approdano su Marte, dove entrano in contatto con gli abitanti del pianeta, molto simili agli uomini, anche se un po’ più piccoli e dalla pelle color della cenere. Durante il soggiorno marziano, i due protagonisti ritrovano a dare un senso alla loro vita: Los' si innamora di Aelita, figlia di Tuskub, il capo indiscusso del pianeta, mentre Gusev si trova invischiato in una rivoluzione, desideroso di tenere alta la causa del proletariato e ansioso di congiungere Marte alle Repubbliche Socialiste Sovietiche, sotto un'unica bandiera. Non voglio aggiungere molto alla trama, il libro è molto breve e si legge in un baleno, riuscendo a mio avviso a centrare gli obiettivi che si era posto l'autore: rendere "verosimile" un viaggio nello spazio e al tempo stesso evidenziare e dividere il bene dal male, il proletariato dalla borghesia, il socialismo dall'imperialismo. Possiamo considerare Aelita un romanzo a più livelli, che spazia e tocca temi legati alla politica e alla sociologia, ma anche all'amicizia e all'amore, alla storia e alla religione. Questo è un bene, ma sono convinto che sia facile uscire fuori strada, non cogliere il romanzo nel suo aspetto corale, soprattutto per un pubblico occidentale, non avvezzo - per così dire - a cogliere tutti i segnali che un autore russo può inviargli. Basti dire che nel corso degli eventi si scopre che i marziani discendono dagli antichi abitanti di Atlantide, giunti sul pianeta rosso molto tempo prima. Tanta carne al fuoco, insomma. A tal proposito, consiglio la lettura di un articolo molto interessante, firmato da Danilo Caruso nel gennaio del 2018, al quale rubo la chiusura: "L’orizzonte in cui il lettore può tuffarsi è molto vasto, e non difficile per gli sprovveduti affogare. Credo che Aelita sia come quella bella casa dove finestre e porte siano in balia sbattute da una forte corrente: secondo il mio modesto parere, qualche apertura chiusa e socchiusa avrebbe dato una fluidità superiore. Ma questo era lo spirito russo dell’epoca: il vento della rivoluzione era vivo e dilagante"3.
Aelita è stata indubbiamente un'opera importante, anche per il film che ne scaturì, per molti addirittura superiore al romanzo. La trasposizione cinematografica di Aelita è opera del regista Jakov Protazanov, che ricevette dalla casa di produzione Mezrabpom-Rus l'incarico di realizzare un colossal vendibile anche all'estero. Girato nel 1924 ma ambientato nel 1921, ha uno svolgimento diverso rispetto al libro, molto più rivoluzionario per l'epoca. I costumi sono dell’artista Alexandra Exter e ispirati al futurismo, il cubismo e il suprematismo – un’estetica radicale e nuova che metteva in scena il futuro che stava per succedere, con modi di vivere completamente diversi da quelli consueti4. Il mio consiglio è di leggere prima il romanzo per poi passare al film, che si trova in rete sottotitolato in inglese.
- Pinocchio contro Burattino. Una sfida fratricida
- Lo scienziato-filosofo e il soldato rivoluzionario in Aelita di Aleksej Tolstoj: dal romanzo al film, di Raffaella Vassena
- Aleksej Tolstoj e la vergine marziana Aelita, di Danilo Caruso
- Fantascienza sovietica – dalla rivoluzione su Marte alla felicità elettronica