Fantastico

Le città del diluvio, di Giuseppe Pederiali

Lunedì, 20 Marzo 2017

Con la recensione di Povero assassino, il primo giallo di Giuseppe Pederiali ambientato a Milano (Fratelli Fabbri Editore, 1973), abbiamo avuto il piacere di occuparci di questo autore emiliano. Per questa nuova recensione rimaniamo in zona, spostandoci solo “di lato” con Le città del diluvio, la cui trama si dipana tra il capoluogo meneghino e il delta del fiume Po.

Giuseppe Pederiali, con Gianluigi Zuddas, è considerato uno dei padri del fantasy italiano e nel tempo ha saputo costruirsi una solida reputazione nell’ambito del fantastico in generale. Entrambi, oltre a vantare diritti sulla primogenitura del genere in Italia, hanno il merito di non aver inseguito modelli e autori “nordici”, ma hanno cercato una propria via autoriale alla narrazione, legata ai luoghi d’origine e definita con il termine di Med-Fantasy1: la Pianura Padana per il primo, il Mar Mediterraneo per il secondo.

Nell'ambito del programma delle iniziative del Centro Etnografico Ferrarese per i 500 anni dell'Orlando furioso, nel marzo del 2016 si è svolto un convegno dal titolo “Immagini e pagine ‘furiose’ ritrovate fra le pieghe del ‘fantastico’ padano.  Da Lanfranco a Bruno Vidoni a Giuseppe Pederiali”, durante il quale i relatori si sono interrogati sulla correlazione tra territorio ed immaginazione. La piatta uniformità della pianura può, per reazione, favorire l’invenzione fantastica? La risposta, quasi scontata, non può che essere affermativa: sì, grazie alla nebbia, che lega acqua e terra, cielo e terra, ma anche al rapporto tra uomo e natura, tra città e campagna, tra tradizione e innovazione. Questi gli ingredienti utilizzati dallo stesso Pederiali, lungo l’arco di tutta la sua produzione artistica e nello specifico anche per Le città del diluvio, romanzo del 1978 e capostipite di una trilogia che comprende anche Il tesoro del Bigatto e La Compagnia della Selva Bella.
Molte tra le antiche civiltà hanno al loro interno un punto che le accomuna, che solitamente pone termine a un ciclo, a un’era: il diluvio. Ed è proprio un diluvio a mettere fine alla lotta intestina che vede coinvolti il re di Saga, Vitige, e il suo rivale Atanarico, mago di Ponteduca, capace di governare le forze del male e desideroso di riportare la razza umana ad un livello primitivo, quasi animalesco. Il diluvio arriva e solitamente purifica, spazza via, crea il fango su cui possono germogliare i semi del rinnovamento. Che qualcosa sia diverso dal solito, nelle sette città poste sugli altrettanti bracci del Po, in prossimità del delta, è evidente dopo poche pagine: l’enorme pantano, creato dal grande fiume, tutto isola e rende possibile, anche la sopravvivenza dell’impossibile.

Giovanni Negri, ne Il fantastico mondo di Giuseppe Pederiali, osserva come i luoghi, nella sua narrativa, non siano meri contenitori, ma abbiano una valenza iconico-sacrale2. Nel caso de Le città del diluvio questo è evidente: Pederiali pesca a piene mani nella mitologia della pianura Padana, mescolando gli elementi più disparati: animali fantastici e mitologici, re e regine, streghe, druidi e maghi. Proprio la magia è un elemento centrale, distintivo, un unicum possibile grazie all’isolamento che ha reso possibile lo svilupparsi di percorsi diversi rispetto al resto del mondo. Va sottolineato infatti che Pederiali non sviluppa una storia interamente pensata in luoghi immaginari, ma cela questi in un perimetro reale: le sette città del diluvio, Spina, Finalis, Ponteduca, Saga, Ansa, Gavello e Bondeno si trovano intercluse tra Bizantini e Longobardi, a due passi da Ravenna e Mediolanum. Il fantastico si palesa, il folklore si mescola alla mitologia, in un gioco di specchi e rimandi di cui Pedriali è maestro. L’effetto è enfatizzato da alcune incursioni nei nostri giorni, flashforward necessari allo sviluppo della storia e che pongono le basi al gran finale. L’apparente semplicità della trama, seppur non lineare, non deve ingannare, perché non siamo di fronte ad un libro per bambini. L’autore, come in un gioco di scatole cinesi, ha nascosto un’infinità di rimandi e sollecitazioni più profonde, dalle quali farsi solleticare. La dialettica acqua-terra e la perdita di centralità dei fiumi, il rispetto per la natura e per gli animali sono solo quelle più evidenti, dove anche un piccolo drago “impantanato” debba essere ucciso per evitargli inutili sofferenze.
Ma sono gli aspetti più sotterranei, legati all’uomo e alla sua evoluzione, a risultare i più interessanti: il protagonista, Vitige, è al tempo stesso bambino, uomo e anziano: ognuna delle parti non potrebbe esistere e morire senza le altre. L’uomo, inteso come specie, ha intrapreso un percorso di elevazione, grazie all’uso della parola, delle idee e dei pensieri, senza i quali tornerebbe inevitabilmente a uno stato primitivo e bestiale. Ѐ questo che vuole l’antagonista di Vitige, Atanarico: riportare la razza umana all'inizio della sua evoluzione, per ricominciare tutto da capo, senza gli errori che lungo il percorso hanno portato l’uomo ad essere, in certi frangenti, malvagio, privo di lealtà, indegno a primeggiare sulle altre razze ospiti, come noi, su questa terra.

Il romanzo si sviluppa su più livelli spazio temporali, con l’epilogo che si compie nel presente, quasi a farci notare come l’imbarbarimento parta da lontano: il partito Regressista, guidato dall’ultimo erede di Atanarico, si presenta alle elezioni, supportato dalla Setta dei Deficienti. L’obiettivo è il medesimo, riportare la razza umana ai tempi bui, dove era proibito non solo parlare, ma anche pensare, discutere e condividere; dove l'immagine è più importante dell'essere, dove riprendere o meno certe scene può fare la differenza. Dove, dove, dove: tre piani sequenza dentro ai quali Pederiali ha costruito le basi per una buona trama, una bella storia. Per certi versi sembra che abbia scritto Le città del Diluvio pensando ai nostri giorni, più che al 1978, anno in cui fu pubblicato per la Rusconi. Un motivo in più per non etichettarlo come libro per bambini, quasi fosse uno dei profetici libri di Philip K. Dick e non un banale fantasy qualsiasi. Il limite grosso, mi si passi l'ossimoro, è nelle "piccole" dimensioni: Tolkien avrebbe probabilmente sviluppato il tutto in mille pagine e forse più, Pederiali ha condensato il tutto in poco più di duecento. Le città del diluvio è l'ipotesi di un grande libro, prendere o lasciare. Noi lo prendiamo.

  1. Sviluppo del romanzo fantastico italiano di ambientazione mediterranea. La questione med-fantasy
  2. Giuseppe Pederiali - Un minuscolo pezzo di strada sotto i piedi... Ritratto d'autore

Scheda del libro

  • Titolo: Le città del diluvio
  • Autore: Giuseppe Pederiali
  • Pagine: 236
  • Editore: Rusconi
  • Anno: 1978

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