Naturalmente, ho accolto con curiosità la raccomandazione di Ernesto, che so avere gusti simili ai miei, recuperando tra gli scaffali del Libraccio di via Verdi a Mantova, l'unica edizione italiana del romanzo dello scrittore americano uscita fino ad oggi: una vecchia Medusa Mondadori del 1950, con la traduzione di Giorgio Monicelli e la "solita" copertina, che si discosta molto da quella della versione DreamHaven Books, decisamente più piccante di quella biancoverde che tutti ben conosciamo. Metto l'originale qui sotto.
Mi troverai nel fuoco affronta tematiche importanti, tra cui il razzismo, la sessualità, la povertà, l'ipocrisia, l'educazione e la violenza. Robert Lowry non si è per niente trattenuto, tranne forse per quanto riguarda la felicità, che raramente fa capolino tra le pagine del libro. D'altro canto, la trama prende il via quando Jim Miller, veterano della seconda guerra mondiale, torna sui propri passi dopo aver prestato servizio in Africa e Italia. Sono passi che non possono, per forza di cose, che essere diversi da quelli di un tempo. Jim, infatti, è mutilato e ha perso anche se stesso, oltre ad un arto inferiore. In cambio, ha ricevuto una gamba artificiale e un forte senso di colpa, che lo opprime e gli preme sulla testa. Vorrebbe tanto dimenticare ciò che ha vissuto dall'altra parte dell'oceano, ma nemmeno il whisky e una puttana di colore ci riescono.
A mio avviso, la trama è sintetizzabile in poche parole: quanto perso è sparito per sempre; non basta sostituire le cose perché tutto torni come prima. Lowry fu anch'esso arruolato nell'esercito degli Stati Uniti durante lo stesso conflitto, negli stessi luoghi di Miller, motivo per cui presumo che la storia contenga anche elementi autobiografici. Gli stringati coccodrilli usciti sul Los Angeles Times1 e sul The New York Times2, in occasione della sua morte, avvenuta nel dicembre del 1994, sono concordi nell'affermare che "Le sue esperienze in battaglia durante la guerra hanno fornito la base per molti dei suoi romanzi e racconti, così come la sua vita da artista a Greenwich Village."
Come dicevo, Jim Miller fa ritorno nella sua piccola città natale, Doanville, nell'Ohio, che lo aveva dato per morto durante un'azione bellica. Lì, ad accoglierlo, c'è solamente una vecchia zia un po' confusa, che lo scambia per un'altra persona. Mi troverai nel fuoco è soprattutto un romanzo che esplora l'idea di perdersi, di non riconoscersi più o di scoprire profondi cambiamenti in se stessi. L'ex soldato si chiede dove sia finita la persona che era prima dell'arruolamento. Chi è davvero tornato a casa? In tal senso, l'incipit del libro è molto chiaro nel mettere le mani avanti:
Spinto dalla sua irrequietezza, non trovando più un'eco del suo passato o un significato al suo presente nella città, s'era messo a percorrere le vie più remote, ed era infine giunto sullo stradone, che correva a sud, verso Alkema e Cincinnati.
Jim Miller fatica a ritrovarsi, a dare un senso alla nuova vita. Il suo stato, sia fisico che mentale, lo rende poco incline a socializzare, anche se, paradossalmente, il tutto lo rende più interessante agli occhi di chi lo osserva. Le uniche persone con le quali Jim si relaziona sono due donne: la studentessa diciassettenne Petey Jordan e la più "navigata" Genevieve Aronson. La prima sogna di scappare da Doanville, per andare a studiare in una grande città, la seconda invece si trova già nell’età delle disillusioni, con annessi e connessi, anche a sfondo razziale, visto che è ebrea.
Ai tre di cui sopra si aggiunge Len Sharpe, un ragazzo di colore protetto da Genevieve, umiliato dalla vita oltre che dai compaesani, che tenterà di pulire le offese subite, uscendone a testa alta ma comunque sconfitto. Le esistenze di queste persone si intrecciano tra loro, dando vita a una battaglia quotidiana contro le condizioni della propria esistenza, in un turbine di avvenimenti, talvolta violenti, che non faranno altro che accentuare l’insicurezza di ognuno. Sarà infine il "fuoco" riparatore di Len a dare una svolta alle loro esistenze, con effetti dirompenti.
Mi troverai nel fuoco è un libro divisivo, capace di suscitare reazioni positive o negative senza compromessi. Robert Lowry ci ha infilato molte scene provocatorie, tra atti sessuali e una disperazione di fondo che non lascia tregua. Giustamente, come mi anticipava Ernesto Valerio, è come un pugno nello stomaco. Personalmente, ritengo che appartenga alla categoria dei romanzi imprescindibili e che conservino ancora oggi una rilevanza significativa, nonostante siano passati molti anni dalla Seconda Guerra Mondiale. Dopotutto, chi può negare che la nostra vita quotidiana non assomigli a quella di un soldato alle prese con nemici di ogni genere?
Robert Lowry è oggi uno scrittore pressoché dimenticato, ma sapere che Ernest Hemingway una volta lo definì "uno dei migliori d'America"3 gli rende sicuramente giustizia. La "riscoperta" da parte di readerforblind è meritoria, grazie anche alla nuova traduzione curata da Erika Silvestri, che sicuramente avrà reso il romanzo più godibile, in linea con il linguaggio dei nostri tempi. Dimenticavo, grazie Ernesto per... il tuo pugno nello stomaco!
- Robert Lowry; Novelist Focused on WWII, Los Angeles Times, 1994
- Robert Lowry, 75, Postwar Novelist, The New York Times
- Robert Lowry; Novelist Focused on WWII, Los Angeles Times, 1994