Povero assassino è sostanzialmente un romanzo breve, un giallo ambientato a Milano con tutti i crismi della "milanesità": automobili, belle donne, qualche losco figuro, poco amore, tanta pena. Pederiali racconta la crisi di valori nel pieno del boom economico degli anni Settanta, descrivendo una città nella quale le persone non si capiscono, dove l'incomunicabilità tra uomo e donna è ormai conclamata e l’amore appare una cosa lontana, sfumata tra la nebbia e i viali delle periferia. Il protagonista parla della morte della moglie, senza una lacrima, con appena un cenno di pietà:
“Se non fosse per la pelliccia di visone che indossa, Carla sembrerebbe indaffarata a pulire il forno della cucina a gas. Con la testa dentro. Inginocchiata. Ai suoi piedi, appoggiato su un fianco, con le zampe rigide, il mio cane. Chiudo il rubinetto del gas, senza fretta. So che mia moglie è morta…”
Il libro non è un capolavoro, sia chiaro, scivola via troppo velocemente, pur essendo scritto con metodo e non lasciandosi scoprire “troppo in fretta”. Pederiali, in un'intervista del 2004 concessa a Lucia Compagnino de Il Secolo XIX, raccontò che non gli piacevano i noir con soluzioni inimmaginabili, preferendo il giallo classico alla Agatha Christie, dove gli indizi mettono in grado il lettore smaliziato di indovinare il colpevole. Ecco, Povero assassino è esattamente così, un meccanismo ad orologeria dove lo scenario è preciso e riconoscibile, dove gli indizi si susseguono e accompagnano, pagina dopo pagina, verso il felice esito finale. Ha di certo il pregio di fotografare bene l’Italia del boom, dove il denaro ha reso le persone più nevrotiche e sole, talvolta più affezionate al cane che ai parenti. La violenza sembra prodotta da un rigurgito del sentimenti. Povere vittime, poveri assassini. La città si nasconde dietro la maschera del cemento e in un mondo di ombre l’omicida mostra un volto quasi umano1; è un povero assassino. Nessuno è ciò che appare, tutti hanno più di una maschera, talvolta anche i cani.
Potremmo quasi considerare Povero assassino come una prima prova generale, Pederiali sembra volerci dimostrare di conoscere le regole del giallo, di possedere tutti gli ingredienti per dei cucinare dei grandi libri; libri che arriveranno poi negli anni successivi e che tanto successo hanno riscosso nel pubblico italiano e straniero. La sensazione di essere un esercizio venuto bene la lasciano anche gli interpreti del libro, mai realmente approfonditi da un punto di vista psicologico e del carattere. Pederiali è stato bravo nel costruire la trama, a collegare gli indizi tra loro, meno forse nel caratterizzare i personaggi, appena abbozzati, giusto quel poco necessario a collocarli nel contesto. Un po' pochino, insomma, perché Povero assassino lasci il segno, tanto che l'editore si vide costretto ad inserire un'appendice dedicata alla città meneghina, al suo dialetto e allo slang degli anni Settanta, corredata da fotografie in bianco e nero di case a ringhiera e, forse, povera... povera gente! La particolarità di avere un'appendice è comune a tutti i libri della collana Sotto accusa e nel corso delle uscite hanno riguardato gli argomenti più disparati, in ogni caso collegati al tema della pubblicazione a cui erano legati. Oltre ai testi devo dire che anche il corredo fotografico era di primo piano e le immagini si lasciano guardare con interesse forse più oggi di ieri.
Povero assassino non è mai stato ristampato, ma lo si trova facilmente ad un costo accessibile sia su internet che ai mercatini. Di libri analoghi ne esistono molti, rimane in ogni caso un giallo con alcune cose interessanti e con l'aggiunta di essere ambientato a Milano; può avere quindi un suo interesse per i collezionisti. La collana Sotto accusa è a mio avviso sottovalutata, quando al suo interno vi sono delle chicche niente male. Ne riparleremo a breve, statene certi. ;-)
- Giuseppe Pederiali, Povero assassino, Fratelli Fabbri Editore, 1973, IV di copertina.