Nelle seicento pagine che lo compongono, l'autore ha infatti descritto minuziosamente gli anni 1965, 1966 e 1967 utilizzando non solo gli stilemi del thriller ma spingendosi anche ben oltre i cliché del genere. Tutto questo rimanendo idealmente entro i confini nazionali. Una precisazione importante, quest'ultima, perché ad omicidi, malavita e corruzione, l'autore ha aggiunto alcune delle italiche tipicità: mafia, servizi segreti, massoneria e terrorismo. Il tutto tenuto assieme dallo scorrere del tempo e dalle vite dei protagonisti che lo animano, tra amori, paure e passioni. Pura razza bastarda è ambientato a Milano, ma abbraccia idealmente il resto della Penisola (isole comprese) e i suoi centri di potere.
Il romanzo prende il via sul finire del marzo 1965. La città meneghina si trova a dover fare i conti con il cosiddetto boom economico e una fortissima espansione demografica. La povertà e la ricerca di migliori condizioni di vita hanno spinto al Nord moltissime persone, di cui molte dalla Sicilia. Con il loro arrivo, hanno preso vigore anche i "tipici" traffici illeciti che proliferano quando miseria, sfruttamento e solitudine fanno capolino: droga, prostituzione e gioco d’azzardo su tutto. È una Milano di frontiera, a cavallo tra epoche e mondi diversi, dove la modernità trova ancora qualche residuo del passato a bloccarle il passo. Poca roba, la battaglia è persa e nulla sarà più come prima. Anche per le forze dell'ordine.
Sergio Malfatti, commissario di polizia ed ex partigiano, intuisce che il malaffare sta superando i livelli di guardia e che ai "soliti" attori se ne stanno aggiungendo altri, diversi dagli abituali. La ligera, la vecchia malavita milanese, è stata messa da parte, ad occuparsi di piccole cose. Gli inquirenti sono impreparati, la "nuova" organizzazione è tutta da scoprire. O da tenere nascosta. I piani altri hanno fiutato l'affare, la posta in gioco comincia ad essere decisamente interessante. Politici, dirigenti e imprenditori entrano nella partita, in combutta con le famiglie siciliane, intenzionate a governare questo grande banchetto. Se speculazione edilizia, corruzione e riciclaggio muovono gli interessi di molti, è anche vero che nessuno è disposto a sbandierare ai quattro venti che tutto è cambiato. È arrivata la mafia. Malfatti vorrebbe chiamarla con il suo nome, ma non tutti sono d’accordo e preferiscono negarne l'esistenza. Resta il fatto che tra il clan dei Nano e quello dei Cannizzaro è iniziata la guerra. A rimetterci, molti dei picciotti chiamati a parteciparvi.
Il libro si chiude il 31 dicembre del 1967. Trentasei mesi che letti a distanza di tempo appaiono quasi irreali, tanto sono densi di avvenimenti, alcuni dei quali non ancora del tutto chiariti, come spesso accade nel nostro Paese. Il grandissimo pregio di Pura razza bastarda è proprio questo. Paolo Grugni ha mescolato sapientemente fantasia e realtà, immaginando la vita di un poliziotto “contro” in un contesto di fatti realmente accaduti e descritti alla luce di quanto emerso fino ad oggi. Il lavoro di documentazione storica si mescola molto bene con la vita romanzata di Sergio Malfatti, in una sorta di viaggio nel tempo che spinge il lettore a chiedersi come sia stato possibile arrivare a tanto.
I capitoli narrano le vicende del protagonista, descritte dal suo punto di vista. Ci sono l’amore, gli affetti, il Milan, L'Inter, i derby e la boxe, oltre al lavoro d’indagine che lo vede coinvolto con la "sua" squadra investigativa: tanti successi, ma anche alcune sconfitte, più a causa dell’intero sistema che dell'incapacità a gestirle. Quelli disposti a dargli una mano non sono tantissimi, ma ci sono. Sergio Malfatti è oltremodo coraggioso, fino alla fine ho temuto che per lui potesse finire male. Non è andata così, ma la parola “fine” mal si addice a Pura razza bastarda. Siamo tutti consapevoli che purtroppo, a distanza di tanti anni, la mafia è più viva che mai. Certo, a Milano ha perso colpi e oggi è l 'Ndrangheta a spadroneggiare, ma da un punto di vista delle responsabilità poco cambia. Per certi versi, il libro ricorda Il Gattopardo e la consapevolezza che il tempo non abbia che peggiorato le cose.
La criminalità organizzata non è l'unico problema che deve fronteggiare il commissario. Con l'avanzare della mafia, si aggiungono turbolenze di ogni tipo, con la politica che inevitabilmente entra nella partita: l'Italia sembra voler tornare a destra, con il benestare della Democrazia Cristiana e degli Stati Uniti, preoccupati per l'escalation del Partito Comunista. In campo ci sono anche altri attori, anche se meno visibili, come la magistratura, la massoneria e i servizi segreti di tutto il mondo. È tra quest'ultimi che Malfatti trova un alleato, nella figura del Comandante, una sorta di caporione che lo aiuta nelle indagini fornendogli consigli e dritte preziose, per capire cosa stia realmente succedendo non solo a Milano ma anche nel resto del Paese e nel commissariato dove lavora. Sempre nel medesimo torbido ambiente, il commissario ha trovato l'amore. O forse è meglio dire il contrario. Nulla è come sembra e Malfatti stesso si interroga su come sia stato possibile che uno come lui, che ha combattuto tra i partigiani delle Brigate comuniste e gira sempre con un basco rosso in testa, possa avere fatto carriera nella polizia. La risposta è che un comunista da sbandierare, tipo per le pari opportunità, fa sempre comodo. Anche nella polizia. Il commissario è comunque un tipo tosto, tutto d'un pezzo e poco disposto al compromesso.
Pura razza bastarda è un libro diverso dal solito e solo per questo merita di essere acquistato. Dopo averlo letto, posso dire che mi è proprio piaciuto: nonostante la mole l'ho divorato in pochissimo tempo. Forse qualche pagina in meno avrebbe giovato, ma in un certo senso ci si affeziona anche alle tantissime informazioni "aggiuntive" che Paolo Grugni ha disseminato nel libro. Ha creato una sorta di metaromanzo, dove i protagonisti con la divisa a righe non sono solo quelli finiti in gattabuia, ma anche i giocatori di Inter e Milan. Paolo Grugni, che ho interpellato dopo aver scritto questa recensione, mi ha confermato che nell'aprile del 2023 uscirà il seguito del libro, dal titolo La speranza è la prima a morire: 68-69-70. Non vedo l'ora che esca. Concludo con due considerazioni su Paolo Grugni, un autore mai banale, le cui trame riescono sempre a discostarsi dai canoni dei generi affrontati. Ci sono molti altri suoi lavori che vorrei leggere, primo tra tutti Let it be in versione Il Giallo Mondadori, ma tempo al tempo.