Fantastico

La notte del ragno mannaro, di Carlo Sgorlon

Martedì, 10 Dicembre 2019

Lo confesso, non ho mai pensato a Carlo Sgorlon come ad un nome da affiancare a Dino Buzzati o a Tommaso Landolfi, uno di quegli scrittori abituati ad avere a che fare con il visionario e l’insolito, anche per descrivere quell’Italia che Gianfranco Contini definì «magica senza magia, surreale senza surrealismo».

Chi frequenta abitualmente i mercatini del bric à brac si sarà sicuramente imbattuto nei libri dell’autore friulano, tra i più premiati della nostra penisola e al tempo stesso uno di quelli meno “alla moda”. Ho letto e apprezzato in passato alcuni suoi libri, tra tutti lo splendido Il trono di legno, ma non li ho mai ritenuti idonei ad essere raccontati su questo sito, per i motivi più disparati. Motivi che probabilmente sono gli stessi che hanno portato Carlo Sgorlon ad essere uno dei tanti, troppi nomi dimenticati di questo nostro paese che pubblica novità in gran numero, a discapito di quanto uscito in passato.

Nei giorni scorsi ho letto La notte del ragno mannaro, edito dalle Edizioni Studio Tesi nel 1970, nella collana L’anello d’oro. Probabilmente avrei ignorato il libro, se non fossi stato attratto dalla copertina, che riproduce una sorta di animale cicciuto, una metà via tra la balena, il ragno e il provolone. Immagine fantastica, in ogni caso, sia per l’esecuzione che per ciò che rappresenta. Il mio sesto senso si è attivato immediatamente, a buon ragione, visto che sul retro leggo il nome di Renzo Margonari, uno dei miei artisti preferiti. Senza pensarci troppo, decido di investire ben cinquanta centesimi e infilo La notte del ragno mannaro nello zaino: come dicevo prima, oggi Sgorlon se lo filano in pochi, le cifre che ballano sono queste. Insomma, il merito dell’acquisto va a Margonari, del quale ho l’indirizzo email e che ho subito contattato. Queste le sue parole:

Ero un assiduo lettore di Carlo Sgorlon e lo apprezzai ancor più quando la sua narrativa prese un velo visionario, essendo io un notorio pittore surrealista. In quel momento ricevetti da Sgorlon la richiesta di autorizzare la riproduzione di un mio dipinto che a lui era parso molto adatto a sintetizzare figurativamente il senso nascosto di quel suo romanzo il cui titolo mi parve assai affascinante. Naturalmente mi affrettai ad acconsentire, pensando che per noi surrealisti il caso è un’entità concreta.

Ma torniamo a noi. La notte del ragno mannaro è un romanzo che l’autore considera il più letterario tra le sue opere e che si può richiamare alla grande stagione della narrativa espressionista europea1. La trama si dipana nelle ore notturne, quelle dedicate al sonno, raccontandoci ciò che avviene nel corso di un sogno, dove tutto è possibile. Non siamo in un incubo, questo è bene chiarirlo, ma come tutti i sogni i lacci della ragione di sciolgono e l’immaginazione ha modo di correre senza freni. Walter, questo il nome del protagonista, cerca il sonno senza riuscirci, perché oltre al caldo estivo, è infastidito da un rantolo affannoso, del quale non riesce a scoprire l’origine. Incapace a starsene nel letto, si alza infastidito, spinto a trovare una soluzione al suo enigma: fantasma, animale notturno, uccello o chissà cos'altro. Ho scritto “si alza”, ma forse è semplicemente il sogno che prende il via. In ogni caso la storia ha inizio, Walter si avventura per una Udine magica, come un “nottambulo in fuga perenne”2 e dove incontrerà fantasmi, mostriciattoli e i personaggi più strani. Tra questi, due giocheranno un ruolo chiave: uno smunto vecchietto e Roswitha, bella e ambigua figliola (anche nel nome, a volte si fa chiamare Carmen), capace di rubargli il cuore e di spingerlo a rimbalzare da un luogo all'altro, quasi senza pace.

Interessanti le parole del critico Bartolomeo di Monaco, sulla rivista on-line Parliamone e dedicate al libro in oggetto, secondo il quale La notte del ragno mannaro ha dei chiari riferimenti a Tolkien e a Kafka. Sul primo nome non entro nel merito, mentre sullo scrittore boemo non posso che trovarmi d’accordo. All’inizio del libro, Walter si trova in una cantina, dalla quale fuoriesce “una piccola processione di animaletti anneriti”, poi si sposta e si imbatte in una congrega di bambini, in un luogo che pur essendo in muratura ricorda una caverna. Insomma, animaletti che sembrano bambini e bambini che sembrano animaletti anneriti, il richiamo a La metamorfosi mi sembra del tutto evidente e cercato. Ma è solo un esempio, l’intero romanzo non può che far riferimento a Kafka, alle false percezioni e al mondo dei sogni più strani, dove tutto è possibile e che - una volta svegli - ci lasciano inquieti ancora per un po’ di tempo. Il finale è la chiave di lettura: “Ho paura che quando sarò del tutto slittato nel sonno, avrò di nuovo la sensazione che i muri attorno a me siano vivi, che la calce respiri attraverso le fessure, i pori e le crepe; che ci debba essere dentro di essi come un impercettibile palpitare, un rumore sottile, un ansimare rauco, il rantolo di un animale imprecisato che stia per…”. Walter è sveglio? Dorme? Chi può dirlo! Di sicuro l’intera storia gli sarà sembrata lunghissima, anche se magari è durata un battito di ciglia.

La notte del ragno mannaro è un romanzo frenetico, ci parla d’amore ma anche di perdita e abbandono, di cose che sembrano e che non sono. La quarta di copertina mi giunge ancora in aiuto, per non tediarvi con inutili note. Vi si legge che “...si percepisce l’inquietudine di Walter nella spasmodica ricerca del padre e della donna amata in un sogno ossessivo e reale”. È l’autore che sogna? O solo Walter? Probabili entrambe le cose, suffragate dal fatto che Sgorlon definisce questo libro il più autobiografico3 tra quelli da lui scritti. Sono felice di essermi lasciato tentare da questo romanzo, perché credo nei sogni e talvolta mi sento piccolo e nero...

  1. La notte del ragno mannaro, di Carlo Sgorlon, Edizioni Studio Tesi, 1970, IV di copertina
  2. Ibidem
  3. Ibidem

Scheda del libro

  • Titolo: La notte del ragno mannaro
  • Collana: L'anello d'oro
  • Autore: Carlo Sgorlon
  • Pagine: 174
  • Editore: Studio Tesi
  • Anno: 1970

Libri per genere: