Fantastico

Il maestro, l'apprendista e l'aquilone, di Paolo Lucco

Giovedì, 05 Luglio 2018

l maestro, l’apprendista e l’aquilone, uno strano titolo per un libro di difficile classificazione, che ha il merito di essere molto bello e godibile. Racconto fantastico? Operetta filosofica? Poema in prosa? Forse un po’ di tutto questo, certo un’opera singolare, capace di scorrere veloce pur trattando temi complessi e densi di simbolismo.

L'autore di questo racconto lungo risponde al nome di Paolo Lucco, ma non ho trovato assolutamente nulla che lo riguardi, la sua biografia è del tutto inesistente. La Gazzetta del Popolo, in una recensione del libro datata 23 marzo 1960, parla di lui come torinese e questo unico indizio è suffragato dal fatto che l’editore Rattero, che diede alle stampe la prima edizione del libro nel novembre del 1959, aveva sede nella città sabauda.

Sono quasi certo che Lucco non esista veramente, ma chi ci sia dietro è al di sopra delle mie capacità di piccolo investigatore, soprattutto a così tanti anni dalla pubblicazione dell’opera. L’unico altro nome verificabile, oltre al sopracitato Rattero, è quello del pittore e antropologo Pietro “Piero” Piccinelli, autore della bella sovracopertina che riveste Il maestro, l’apprendista e l’aquilone. Memore di scherzetti analoghi, ai tempi chi scriveva sotto pseudonimo era solito lasciare qualche indizio tra le pieghe del libro affinché si potesse scoprire la sua vera identità, non escludo a priori che Paolo Lucco possa essere lo stesso Piccinelli, ma troppo tempo è passato e sia quest’ultimo che Rattero sono ormai passati a miglior vita. Anche le poche notizie biografiche poste sui risvolti di copertina non aiutano, sono scarne e del tutto prive di informazioni verificabili:

Autore di buoni racconti e novelle pubblicati saltuariamente su riviste e settimanali diversi e, più tardi, di un bizzarro Manuale dell’uomo infelice, Paolo Lucco giunge con questo lavoro più impegnativo, difficilmente classificabile in un “genere”, ad una completa espressione della sua involuta e contraddittoria personalità, malinconica e serena ad un tempo, sfiduciata e fidente, risentita e dolce, morbosamente sensibile sempre.

Bene, abbandonata la possibilità di scoprire qualcosa di più sulla vita dell’autore, torno alle pagine del libro. che a pieno titolo rientra tra quelli che vorremmo volentieri vedere ristampati. Il maestro, l’apprendista e l’aquilone narra di una decrepita, piccola chiesa, dalla sua nascita alla demolizione, in cui il narratore, giunto sulle ali della fantasia, trova riparo; le paradossali avventure che in essa vive, tra immagini di santi, di demoni e di angeli, descrivono a loro modo l’eterna battaglia tra il bene e il male, seppur in questo caso affidata a piccoli soldatini, poco avvezzi ai grandi conflitti, alla ribalta del protagonismo.

La storia che ci viene raccontata da colui che è svolazzato, manco fosse un aquilone, prende il via quando il Marchese Isidorus Johannes Demofagus de la Blague, impossibilitato ad avere eredi legittimi, decide assieme alla consorte di far costruire una chiesetta, in modo che il nome del casato non venga del tutto dimenticato. Non disponendo di ricchezze illimitate, giusto quanto basta per realizzare qualcosa di decoroso, sfrutta un terreno già di sua proprietà, ricoperto di erba medica e posto fuori dalle mura del centro abitato. L'architetto Ignazio Permoitrè, presosi sulle spalle l'onere della progettazione, realizza una chiesa come tante altre, seppur con alcune piccole particolarità a renderla graziosa. Intitolata a San Isidoro di Siviglia e benedetta in pompa maga, la vita dell'edificio di culto procede placida e tranquilla per circa tre secoli, durante i quali coloro che la "abitano" non hanno molto di cui lamentarsi. Purtroppo le cose cambiano, il progresso bussa al portale d'ingresso, la chiesa viene a trovarsi inglobata nel tessuto urbano, al centro di varie speculazioni. San Isidoro di Siviglia e i suoi sottoposti dovranno fronteggiare diversi nemici: il demone notturno Andrealphus, i suoi tanti amichetti infernali, la burocrazia e il borgomastro della città.

Nulla è come sembra, l'epilogo che fino quasi alla fine sembra scontato trova invece il modo di lasciare il lettore a bocca aperta. È una dichiarazione di fede quella che chiude il racconto: tutto può sparire ed essere distrutto, tranne i sogni dell’uomo. Uomo che tutto può, anche a discapito di chi gli sta sopra, o addirittura sotto. Il maestro, l’apprendista e l’aquilone è un libro dove convivono il paradosso, la caricatura e il grottesco, dove sia il Signore che il Diavolo trovano modo di fronteggiarsi con gli elementi più dimessi del proprio arsenale. Alla fine nemmeno loro possono molto contro l’idiozia umana, conto il desiderio di fagocitare ogni cosa.

l maestro, l’apprendista e l’aquilone è un libro singolare, disseminato di bizzarie e pseudobiblia, velato da una piccola aura di mistero. Se qualcuno tra voi lettori avesse qualche informazione su Paolo Lucco, si faccia vivo con noi. Una cosa però alla fine vogliamo dirvela: il titolo non c'entra veramente nulla con quanto narrato tra una pagina e l'altra. Lo dice lo stesso Lucco, nelle poche pagine introduttive:  “Il titolo non ha riferimento alcuno alla prolissa e vacua storia che gli porgo innanzi”.

Scheda del libro

  • Titolo: Il maestro, l'apprendista e l'aquilone
  • Autore: Paolo Lucco
  • Pagine: 229
  • Editore: Rattero
  • Anno: 1959

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