«Quando uno se ne va da una riunione [...] quasi sempre chi resta si mette a parlare (a sparlare, qualche volta) di quel tale [...]. Così quando uno muore la stessa, la stessa cosa»2.
Emanuelli ci credeva, ma le sue parole non furono profetiche. Ha scritto carlo Bo: «Enrico Emanuelli non sembra ancora uscire da quello che i francesi chiamano il purgatorio, non lo ricordano né le storie letterarie, né le antologie che pur vorrebbero essere complete, non lo ristampano i suoi editori, la sua “fortuna” è dunque ben misera, pari soltanto alla nostra incredibile facoltà di oblio e di sordità critica»3.
Un libro il cui chiaro intento è quello di far ricordare l’autore, al quale il triste destino ha invece riservato il dimenticatoio, trova tra le pagine di Mattatoio n.5 la propria ragion d’essere. Cominciato a scrivere durante un soggiorno a New York, sulla carta dell'albergo dove Emanuelli alloggiava4, il libro si divide in due parti: un poemetto iniziale - o pagine di «libere associazioni di idee» - integrato e da un gruppo di «note di vario genere», che servono a chiarire e specificare meglio quanto tessuto nelle iniziali annotazioni e testimonianze. Letteralmente, le due parti tendono a contrapporsi: al tentativo “poetico” della prima corrisponde, nella seconda, una forma “aneddotica” che non disdegna l’esperienza dell’osservatore di fatti e di uomini che Emanuelli aveva già intrapreso nei libri precedenti. La lettura è sincopata, si passa dalla prosa “quasi poetica” alle note con disinvoltura, dalla meditazione ai commenti con altrettanta facilità. L’unica difficoltà è rappresentata dal tener testa a tutto questo “girar di pagine”, un avanti e un indietro che ricorda tanto un pendolo.
Enrico Emanuelli non fu soltanto uno scrittore, ma intraprese al meglio la carriera di inviato speciale. Da Novara, dov’era nato l’11 agosto 1909, era partito per la grande avventura che lo avrebbe portato prima alla «Stampa», poi al «Corriere della Sera», nella pleiade dei grandi giornalisti-scrittori del Novecento: si chiamavano Piovene, Barzini, Buzzati, Soldati, Lilli5. Fu uno degli inviati speciali di maggior prestigio, da ogni parte del mondo. Curriculum mortis è la sintesi delle esperienze e dei ricordi di una vita, “apparsi” e sintetizzati dall’autore poco prima della dipartita verso i campi elisi. Sono scene vere, cronache di eventi che non necessariamente dovevano finire tra le pagine di un quotidiano ma che colpirono più la sua anima di scrittore che di inviato speciale.
- Enrico Emanuelli, Curriculum Mortis, nota in quarta di copertina di Guido Piovene, Feltrinelli 1968.
- Luciano Simoncelli, Dieci giornalisti e un editore, Simoncelli Editore 2009.
- Luciano Simoncelli, Dieci giornalisti e un editore, Simoncelli Editore 2009.
- Michele Rago, Non tutto è falso nella storia dell’uomo, «L’Unità» 14 marzo 1968.
- Sergio Caroli, L’eleganza dell’Hemingway italiano, «Corriere del Ticino», 10 agosto 2009.