Nell’elenco di cui sopra troviamo anche Nero., opera datata 1984, concepita in primis come sceneggiatura e poi trasformata in romanzo nel 1992 grazie alla casa editrice Camunia, fondata da Raffaele Crovi, di cui Sclavi è sempre stato amico. L’Informazione sulla natura di questo libro è molto importante, soprattutto perché esce direttamente dalla bocca del suo autore, che ci aiuta a capire meglio alcune scelte stilistiche del libro.
Il film omonimo, diretto da Giancarlo Soldi e prodotto da Dario Argento, con Sergio Castellitto e Chiara Caselli come protagonisti, non ho ancora avuto il piacere di vederlo e non credo mi capiterà mai di farlo. Discorso ben diverso per la trasposizione cartacea, letta tutta d’un fiato e alla quale consiglio di avvicinarsi con le dovute precauzioni, delle quali vi ho in buona parte già resi edotti: Nero. è sostanzialmente una sceneggiatura e come tale va letta: capitoli brevi, testi concisi e dialoghi senza fronzoli, rendono il passaggio da una pagina all’altra più il susseguirsi di una serie di fotogrammi che l’evolversi di una storia, tanto da avere la sensazione non di leggere un romanzo ma di scorrere una serie di appunti su come muovere la cinepresa, cosa inquadrare, cosa far dire e fare agli attori. I numerosi flashback e flashforward utilizzati, oltre che da collante, delimitano le azioni dei protagonisti, facendo da contraltare alla descrizione dei luoghi in cui questi si muovono, grazie al susseguirsi di campi e controcampi di natura cinematografica. Ripeto, sembra quasi di sentire il "vocione" del regista che impartisce ordini sulla scena.
Siamo a Milano, Sclavi lo mette in chiaro fin da subito, probabilmente unica cosa “chiara” di tutto il libro, altrimenti nero, freddo e surreale oltre misura, tanto che il nome del protagonista non viene mai svelato, quasi a volergli poi applicare qualsiasi maschera, qualsiasi appellativo possibile, da quello del carnefice a quello della vittima. Sclavi gioca con i ruoli, con l’inizio e con la fine, generando un cortocircuito nel quale nulla è mai certo: "Chi ha ucciso chi? Chi ama chi? Chi è chi?" La trama, apparentemente semplice, è tutta qui: Zardo è morto, Zardo indaga, Zardo ama, Zardo viene lasciato, Zardo uccide, Zardo viene ucciso. E si riparte, con la tentazione magari di leggere il libro al contrario, perché tutto è così surreale che quasi quasi, come idea, potrebbe anche starci. I dettagli, in questo tourbillon, si perdono, vengono diluiti via via fino a sparire, come gocce di sangue che scompaiono in un gorgo d’acqua. Nulla è mai come sembra, a partire dai personaggi che lo popolano; l’accento è posto sull’individuo e sulle molteplici maschere e ruoli che questo può assumere, su questo Sclavi è stato fin troppo esasperante, tanto che tutti possono essere qualcosa d’altro, e forse lo sono.
Nero. lascia sentimenti strani, ambivalenti: piace e non piace, è chiaro pur essendo talvolta incomprensibile, a mio avviso merita di essere letto e conservato, con la consapevolezza di considerarlo un divertissement letterario, i cui pregi compensano ampiamente i difetti. La trama ha tutto per essere considerata horror: sangue che schizza, morti in valigia, psicopatici come se pisciasse… l’humour nero e una bella dose di surrealismo la rendono più giocosa e scanzonata. Il gioco è una delle altre chiavi di lettura del libro, gli incastri e i rebus a cui è chiamato il lettore sono molteplici, tanto che spesso tutto si fa nebuloso, richiedendo più di un passaggio sulle stesse parole. Diciamo che l’astrusità di certi passaggi è forse il problema più grande di questo libro: la capacità di perdonare questa pecca di fondo potrà farvi entrare tra i fautori o tra i detrattori di questo libro, magari cambiando di volta in volta il giudizio, perché mai nulla è come sembra, nemmeno voi...