Fantastico

Noterelle sul Lorenzo Alessandri neogotico

Martedì, 26 Ottobre 2021

Eccoci qui a parlare dell’Alessandri Lorenzo. Pittore, satanista, scrittore, altro?
In realtà l’Alessandri l’ho tirato fuori da un vecchio e polveroso libro della Cederna, Casa Nostra – viaggio nei misteri d’Italia (Mondadori, 1983), guida formicolante su un'Italia enigmatica e sotterranea. Il nostro fa la sua comparsa nelle prime pagine e la Cederna ci va giù pesante nel ricamarne la figura.

Alessandri esce dal cappello a cilindro della solita Torino magica: demonologo, studioso dell’occulto, pittore fecondissimo di mostri, ripugnanze varie, bambolotti scassati. Negli anni buoni (i ’60 e ’70), Alessandri se ne va a zonzo con medaglioni tibetani, partecipa a messe nere pecorecce in quel di Val di Susa, si fa regalare la mano mummificata di una dama inglese impiccata per pratiche diaboliche. Per noi strambi di provincia la misura della curiosità è già colma. Ritrovo Alessandri in un altro volume, Satana ti vuole (Corbaccio, 1994), un istant satanico da quattro soldi degli anni ’90, dove il nostro ricompare per lagnarsi della Cederna e della cattiva pubblicità che gli ha fatto. Nel corso del riflusso, gli anni ’80, Alessandri capisce che la mascherata satanica dei ’70 non tira più e, forse complice un brutto fatto di cronaca che lo coinvolge di striscio, preferisce lasciarsi alle spalle la fama di pittore dell’occulto. La biografia artistica di Alessandri, oggi, viene indagata e riscoperta dalla studiosa Concetta Leto, curatrice del volume Viaggio nel 5 (La Nave di Teseo, 2021), romanzo (?), novella (?), scritto inedito del nostro. La Leto ricostruisce la figura del pittore e la storia del prezioso testo. Una parte del volume era già stata pubblicata in tirature limitate nel ’77 e da queste edizioni la Cederna aveva attinto le informazioni che le servivano per il suo volume. Il resto del testo rimase inedito.

Negli anni sessanta Alessandri concentra la sua fama di pittore e studioso dell’occulto, oltre a letture della mente, della filosofia, delle religioni e della magia. Stringe una solida amicizia con Peter Kolosimo, frequenta Gianluigi Marianini, il sensitivo Gustavo Rol. In gioventù aveva raccolto attorno a sé un gruppo di pittori interessati al fantastico, tra cui il Colombotto Rosso, altro figuro interessante, uno che si rifugia a vivere a due passi da dove scrivo, in una casa reliquia piena di manichini, pupazzi, oggetti di corallo e cristalli, gingilli accostati con gusto surrealista. Ma veniamo al testo pubblicato dalla Nave di Teseo, vero punto centrale di questo scritto.

Su Alessandri è possibile leggere un bellissimo approfondimento sul sito del CESNUR; qui, meglio che nei libri citati si approfondisce la passione per il macabro e il fantastico che il pittore coltiva fin da ragazzo (in una Torino spettrale del dopoguerra). Alessandri e i suoi amici si riuniscono in un luogo che viene subito soprannominato “soffitta macabra”, porto franco per alchimisti in erba e appassionati dell’occulto. In realtà la passione per le scienze esoteriche è un modo per esorcizzare le paure e le ferite lasciate dalla guerra. Ellissi. Anni ’70. Alessandri è un pittore a suo modo affermato. Appassionato anche di fumetti (non mi stupirebbe fosse un accanito lettore di quei fumetti neri di cui ho parlato tanto su Mattatoio) decide di confezionare un testo corredato da suoi disegni a china. Viaggio nel 5 (pubblicato in prima battuta, in modo parziale e con altro titolo dagli Editori Priuli e Verlucca) è un viaggio esoterico e iniziatico che ha due grandi pregi. Il primo è che appartiene a quella linea mediana di testi fantastici che, pur nella somiglianza di temi e immagini, si pone in modo differente rispetto a quella letteratura automatica da edicola che andava di moda allora. Alessandri (come un Pier Carpi, Italo Cremona, un Emilio de’ Rossignoli, un Bissoli, uno Sclavi) è troppo colto e imprevedibile. Il suo testo (già nella forma, nella struttura, l’inserto dei disegni, l’incostanza narrativa) è lontano dalla prevedibilità (e nell’usura di formule) praticata da molti scrittori dei Racconti di Dracula o affini.

Mascherato da libro illustrato, Viaggio nel 5 è un racconto ironico e fantastico (e qui viene il secondo motivo della sua importanza, almeno per me) che fotografa il cambiamento in corso tra gli anni ’70 e i primi ’80. Tutta l’occulteria (narrativa e sociologica) che aveva nutrito il decennio dell’Era dell’Acquario è sul punto di svanire, inghiottito da quel “riflusso” nel privato che caratterizzerà il decennio seguente. I satanisti acidi dell’era post-Manson e gli altri strambi personaggi multicolore dell’universo alternativo sono svaniti nella Valle della Morte, si son cambiati gli stracci con delle comode giacche, si sono scoperti integrati nel nuovo sistema, in quel medesimo sistema che prima disprezzavano, oppure tentano l’ultima fuga in una Macondo immaginaria, in un Tibet dietro la porta di casa fatto di viaggi scombussolati, droghe e pensionamenti facili. Il racconto di Alessandri è esattamente questo, un viaggio dal sapore a tratti felliniano verso un altrove magico che sembra rimpicciolirsi sempre più. E se la prima parte del racconto (decisamente la più interessante) è quella che sguazza nell’happening satanico-pecoreccio dell’epoca, la seconda è una deriva da pensionati negli orrori di un Oriente pustoloso pieno di straccioni deformi, ruffiani e bambini mostriciattoli, ergastolani di un induismo vago e sfuggente che non porta (nessuno di quella generazione) da nessuna parte e che dopo mille (inutili) peripezie fa tornare a casa i suoi naviganti peggio di prima. Ecco, in estrema sintesi, la grandezza narrativa di Alessandri, pittore dal segno grafico assai “fumettoso” e scrittore ispirato, acceso da visioni e sogni letterari che ondeggiano tra un KKK da edicola particolarmente ispirato (le pagine sulla messa nera, i satanisti slovacchi, le cerimonie in una cripta puzzolente in Val di Susa, in un tabernacolo fantozziano consacrato al Francesco Prelati) e un surrealismo animato degno di uno sgualcito albo di Jacula (si potrebbe pensare persino a qualcosa del Diario di Jeanne del Mario Mercier).

Alessandri ha una scrittura veloce e ipnotica, una mescolanza di sarcasmo e dissonanze infernali. Come in un cerimoniale negromantico alla Crowley, Viaggio nel 5 è un lacerto postumo, un breviario di accostamenti e apparizioni di ombre, fantasmi, esseri mostruosi, deliziose vestali nude. Ma come dicevo si tratta di un ultimo giro infernale, una svendita ironica all’ingrosso (Alessandri ha una marcia in più, o forse in meno rispetto ai “forzati della penna” dei vari romanzetti da edicola) di tutta quell’occulteria che ha infiammato gli anni sessanta e settanta. Gli anni ’80 sono alle porte e per le ninfette prese sadicamente a frustate dagli adoratori del diavolo non c’è più spazio. Le ninfette di Alessandri (e Renzo Barbieri) riemergeranno nella violenta sessofobia di un’Italia becera popolata dalle voci di Radio Radicale, dalle prime trasmissioni delle Tv private; al satanismo bluff e carnival di Anton LaVey si passa ai faccioni ghignanti del crupier Gianfranco Funari, ai serragli di nuovi mostri del Maurizio Costanzo Show, a una voglia di disimpegno buona per ragazzi brufolosi presi dalle avventure editoriali del fumetto “Paninaro”. Cosa rimane oggi della memorabilia letteraria (e pittorica) di Alessandri? Nulla.

Lui è morto da un pezzo in quel di Giaveno. La pubblicazione recentissima della Nave di Teseo è assai meritoria ma si infrange in un presente che è già altrove, stilizzato in una rinfusa, una combinazione micidiale fra il trauma post-pandemia e una società in cui prevale sottopelle una destra avara, xenofoba e tendenzialmente razzista. “Solo allora mi stendevo sulla branda e sognavo. Sognavo loro. Sognavo mostri”. In qualche modo gli anni ’70 (la parte peggiore) sono ancora tra noi. Scioperi deliranti, slogan ossessivi, il culto dei No Vax, nuove credenze alternative ibridate con complottismi coglioni e rimasugli di New Age strampalata (penso alla setta di idioti di QAnon), l’assalto alla Cgil, al Congresso americano e vedremo che altro. Nei nuovi terrori che governano il mondo non c’è trama, solo frammenti di una realtà apparentemente priva di senso, un lento riflusso di oscurità che sommerge quel poco di senso che rimane.

Postilla surfanta:
Son quasi pronto a inviare per mail lo scritto quando metto le mani su un altro libro dell’Alessandri, Hotel Surfanta, edito da Skira nel 2013 e purtroppo esaurito. Si tratta di un volume che ancora una volta accosta scrittura a disegni (in questo caso dei veri e propri dipinti), una sorta di summa horror del nostro: in un fantomatico hotel fantastico, Alessandri frulla il suo gusto estetico per il terrore e l’orrore: appaiono la Madonna di Lourdes, Lawrence d’Arabia, monsignor Milingo, Mandrake, i soliti incappucciati satanisti, donne nude con maschere antigas, i resti fumanti del Savonarola, il cadavere putrefatto di Dostoevskij a cui qualcuno piscia in bocca, tutti miscelati dalla fantasia grottesca e surrealista del nostro; i testi che accompagnano i dipinti hanno una lunghezza diseguale e sono una sorta di espansione delle figure, un baule di sottogeneri dell’horror che si mescolano con lacerti della memoria del pittore. Un altro testo curioso e originale, un'altra via alternativa per ripartire dai sedimenti della nostra cultura gotica e provare a spingerla verso direzioni meno esplorate.

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