Carlo Alianello è uno dei tanti autori italiani che, seppur non completamente dimenticati, meriterebbero maggiore considerazione, sia di critica che di pubblico. Dico questo perchè, nonostante alcuni dei suoi testi più importanti siano stati ristampati negli ultimi anni, è raro imbattersi in qualcuno che ne ricordi la figura, se non i titoli dei suoi libri. Di questo soffrì anche quando era in vita e dopo vedremo il perché. Allo scrittore romano va riconosciuto il grande merito di aver contribuito al processo di revisione critica del Risorgimento, mostrando luci, ombre e contraddizioni di quel periodo: ricostruì i fatti risorgimentali dall'ottica dei vinti, esprimendo un duro atto di accusa verso gli ideatori dell'unificazione e le politiche del regno di Sardegna, pur non rinnegando l'unità della nazione1. Pagò questa sua prerogativa con l’emarginazione letteraria, tanto che il romanzo L’alfiere, romanzo pubblicato nel 1942, fu messo al bando dal fascismo, che lo ritenne troppo disfattista in mesi di guerra: raccontava le vicende di vinti, i militari borbonici che non avevano voluto arrendersi o passare con Garibaldi2. Sarebbe facile pensare, a questo punto, che il tema di questa mia recensione sia proprio L’alfiere, ma preferisco virare sul libro meno conosciuto tra quelli scritti da Alianello, anche perché molto più in linea con le ciò di cui di solito parliamo su queste pagine: sto parlando de Il mago deluso, romanzo pubblicato da Mondadori nel 1947 nella collana La Medusa.
Ne Il mago deluso troviamo declinato un tema molto caro ad Alianello: il confronto tra fede e razionalismo, tra scienza, misticismo e magia nera. La quinta nella quale si dipana la storia è probabilmente Camerino, città universitaria incastonata tra le colline dell’alto maceratese e arroccata su di uno spuntone di arenaria, sul quale è stato costruito una sorta di roccaforte, che ospita buona parte dei bizzarri protagonisti che animano il libro. Tra loro c’è una sottile tensione, un conflitto che, nonostante tutto, non è mai completamente deflagrato e che consente loro di vivere sotto lo stesso tetto, in un precario equilibrio che aspetta solo di essere messo in crisi. Tra le stesse mura vivono le famiglie Bellomo e Zapponi: la prima al piano terra, la seconda più in alto. Gli Zapponi sono tutti molto strani, seppur diversissimi tra loro: troviamo Venanzio, gobbo con la fama di mago e spiritista, poi sua sorella Agnese, una sorta di mistica cattolica, e infine la loro madre, che si dice in giro che possa predire il futuro, tanto da riuscire ad anticipare in tempi non sospetti, la morte del fidanzato della figlia. Non che i Bellomo siano tanto più normali, con l’appariscente e affascinante Concita, ex ballerina di varietà, e con suo marito Angiolino, una sorta di Michelaccio il cui corpo rozzo e sgraziato ha da tempo dato adito a maldicenze di ogni tipo. Concita è uno degli elementi in grado di far deflagrare la il precario equilibrio sul quale di regge la convivenza nell'edificio, vuoi perché Venanzio è follemente innamorato di lei, vuoi perché il suo rapporto con il marito è molto chiacchierato, vuoi perché lei è vedova e la morte del primo marito - secondo alcuni - sarebbe opera sua. Equilibrio che si rompe con l’arrivo di Massimo, giovane professore di scienze naturali, arrivato nella cittadina per occupare una cattedra universitaria rimasta vacante, che trova “riparo” in una stanzetta messa in affitto dai Zapponi per raggranellare un po’ di denaro.
Massimo, ateo e poco incline al misticismo, si ritrova invischiato nel vortice di spiritualismo e magia che aleggia nell'edificio, scatenando al tempo stesso strane forze, di quelle che sarebbe meglio non citare mai, nemmeno nelle recensioni. Con lui, entrano nel libro anche altri personaggi, fa capolino l’amore, la gelosia e l’invidia. Massimo si trova infatti ad avere a che fare con Letizia, sua assistente all'università, che oltre ad essere una bella donna, si innamora di lui. Ma oltre a questo, Venanzio riconosce in lui un rivale, visto che entrambi ambiscono alle “forme” di Concita e quest’ultima, tra l’altro, sente rinascere in lei antiche e mai sopite tentazioni. Sia il gobbo che Concita cercano di sbarazzarsi di Massimo, facendo ricorso ad un fantoccio di cera con le sue sembianze, da martirizzare fino alla morte. Così matura la tragedia, tra magia e superstizione, grazie ad un susseguirsi di colpi di scena che tira in ballo anche l’alchimia e la trasmutazione. Alchimia che, da un punto di vista letterario, funziona tutto sommato bene, nonostante per la Treccani Il mago deluso sia un libro assai confuso e sicuramente meno riuscito del precedente3. L'epilogo è al tempo stesso drammatico, con la morte di alcuni dei protagonisti, ma anche salvifico e purificatore. Massimo salva se stesso e la sua anima, grazie ad Agnese. “A lui basta sapere che, se fu salvato, se è vivo, solo fra tre che con lui hanno infranto la legge divina, questo dono gli fu dato unicamente perché possa pronunziar con sicurezza codeste sillabe già tanto estranee alla sua mente: credo. E non c’è scampo: se non vuole morire, questa parola dovrà tenersela confitta nel cuore, sempre”.
Il mago deluso manca dalle librerie da molto tempo. Mentre concludo questa recensione, mi accorgo che l'editore Il cerchio potrebbe ripubblicarlo a breve: non posso che augurarmelo, perché è proprio uno di quei libri che piacciono a noi di Mattatoio n.5: ambientazione di provincia, magia, amore, tradimenti...
- Rosa Piro, L’eredità delle parole: primi appunti per uno studio linguistico sistematico sull’opera di Carlo Alianello
- Chinchino Compagna, la Rai e Alianello quando non c'erano i neoborbonici
- Alianello, Carlo. Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 34 (1988)