Strane storie contiene ventidue racconti, tratti come detto dai volumi pubblicati nei primi anni del Novecento: Il tragico quotidiano (1906), Il pilota cieco (1913), Parole e sangue (1912) e Buffonate (1914). L'autore conclude le note della seconda di copertina, aggiungendo che “V'è anche molta candidezza accanto alla frenesia cerebralista; v'è pure, qua e là una spregiudicatezza d'ingenuo moralista che si libera talvolta nel comico e nella satira. E v'è infine, e non sbaglio, un po' di poesia”. Papini la tira lunga, ma se dovessimo provare a sintetizzare, o quanto meno a essere più chiari, la raccolta è un insieme di tante cose, dal mistero al fantastico, senza dimenticare la vita e la morte, l'amore, la pazzia e le paure che ogni giorno rendono questa nostra esistenza un percorso ad ostacoli. Ecco, Strane storie in questo caso non è solo un titolo ma una dichiarazione d'intenti, che racchiude tra copertina e quarta di copertina un piccolo e paradossale mondo, nel quale l'autore compie un'azione di semplificazione e di riduzione dei temi dell'assurdo, dell'alienazione e dell'angoscia che percorrono la letteratura europea del ventesimo secolo1; sono racconti che mostrano come nella banalità del quotidiano si possa nascondere l'eccezionale, il paradosso e il grottesco, come sia possibile trovare l'assurdo anche in tante cose a noi vicine.
Non va dimenticato come Strane storie sia una raccolta di cose pubblicate qua e là, ripresa quasi mezzo secolo dopo per dare vita a un nuovo “insieme” e scelte considerandone l'omogeneità finale. L'intento è sincero, ma non sempre il “giochino” riesce bene, tanto che è evidente una certa difformità tra una novella e l'altra. Il critico e scrittore Francesco Flora disse, nei confronti di Papini: «C'è tra i suoi lavori un distacco terribile: parecchie novelle potrebbero portare firme diverse. È un uomo che vuole imporre una fede a sé stesso, stroncando tutto ciò che ad essa si oppone. Ma ogni semestre cambia fede e forse ogni settimana»2.
Dicevamo, mezzo secolo di distanza tra la stesura e la ristampa, cinquant'anni che sono quasi una vita, soprattutto se pensiamo che ormai Papini era prossimo alla morte, avvenuta solo due anni dopo la pubblicazione per Vallecchi. Mezzo secolo, ancora, durante il quale lo scrittore fiorentino aveva sviluppato una propria carriera letteraria, allontanandosi via via da quei maestri che, giocoforza, tutti hanno agli inizi di un percorso e che poi si tendono ad accantonare via via che uno stile proprio prende forma. Papini non ebbe paura di dire che tra gli scrittori da cui trasse ispirazione vi fossero personaggi del calibro di Baudelaire, Hoffmann e Poe3, e devo dire che da cultore di questi nomi, la cosa si vede, si respira tra una pagina e l'altra. É interessante immaginare Papini alle prese con questi maestri, sia in fase di lettura che di stesura delle novelle, ma ancora più intrigante è immaginarlo moltissimi anni dopo in quella fase di selezione che lo porta a scegliere i ventidue racconti confluiti in Strane storie. Queste storie sono state scritte per spiazzare il lettore, per inquietarlo nella tranquillità della propria casa, per non lasciarlo tranquillo nemmeno di fronte alla propria moglie ma al tempo stesso da permettergli di dialogare con il Maligno.
Per certi versi, oltre ai nomi citati sopra, Papini ricorda molto Franz Kafka e l'incubo del quotidiano, nella capacità di descrivere come ordinarie situazioni paradossali o, al contrario, nel prendere spunto dalla vita di tutti i giorni per mostrarci l'inquietudine del vivere comune. Questo è il collante che tiene unita l'intera raccolta, nonostante Papini quasi ne disconosca il contenuto e rida di sé e di questi racconti, non perché non abbiano valore poetico, ma perché li vede con tanto distacco e con un po' di sufficienza, calati così come sono in un mondo ormai lontano4. Un mondo così lontano che lo stesso Papini è oggi un soggetto misterioso e semisconosciuto, che Jorge Luis Borges stesso, confessando il suo amore per Giovanni Papini, definì «immeritatamente dimenticato». Servirebbe, servirebbe anche oggi un nuovo Giovanni Papini, in grado di descrivere questo pazzo mondo in cui viviamo, con delle belle storie. Anzi, con delle Strane storie.
- Le Strane storie di Giovanni Papini, tesi di laurea di Silvia Bonato, Università Ca' Foscari, Venezia, 2013
- Cfr. F. FLORA, Dal romanticismo al futurismo, Piacenza, V. Porta, 1921
- Il primo narratore che presi a modello per i miei più antichi racconti fantastici fu Edgar Poe. ID, Diario 1900, cit., p. 160
- La Civiltà cattolica, Edizioni 3451-3456, V. Arnone pag 309