Chi ha vissuto gli anni '70 anche solo di scorcio ricorderà che tra le innumerevoli, affascinanti bizzarrie di quel decennio c'era la tesi dell'intelligenza delle piante: tra lo scientifico, l'ESP o parapsicologico e le aure Kirlian. Nel '78 Stevie Wonder compose The secret life of plants, colonna sonora dell'omonimo documentario, ma soprattutto nel '76 la RAI trasmise un giallo dove la soluzione arrivava proprio interrogando una pianta... si trattava della Traccia verde, con Paola Pitagora. La Musa arrivò a contestare alla RAI il plagio del suo romanzo! Ma forse erano semplicemente idee "nell'aria".
Il romanzo della Musa riprende alcune situazioni chiave dello sceneggiato, ma in uno spirito diverso. Anche se si avvia con un episodio di brutale violenza (ancora la sensibilità della Musa per la cronaca di quegli anni), non è un thriller, né vuole esserlo, né tanto meno è fantascienza hard. La scrittura piana e realistica, attenta alla psicologia come ai concreti dettagli quotidiani (fino alla descrizione della spazzatura in cui gli assassini nascondono il corpo di Costanza), lontana dagli sperimentalismi di Esperimento Donna ma controllatissima e pronta alla parola ricercata, tesse via via una ragnatela di minute eccezioni alla quotidianità: si tratti della vita delle piante, oppure degli Ufo che la nonna della protagonista avvistava e registrava nei suoi diari, studiati dalla nipote molti anni dopo (nel presente della storia, anche uno dei carabinieri che indagano li vedrà, ignorato da tutti gli altri: gli Ufo come simbolo di una grazia particolare?).
La violenza subìta da Costanza già all'inizio del romanzo è quasi un pretesto per lasciare il campo libero alle piante, via via sempre più protagoniste dello svolgimento della vicenda; anche perchè Costanza rifiuterà un intervento attivo, di giustizia o vendetta (e qui il rifiuto delle soluzioni tipiche della narrativa di genere non potrebbe essere maggiore!), fiduciosa in "altre forze".
In parallelo la narrazione tratteggia l'affascinante figura di Amanda, nonna e di fatto madre adottiva della protagonista, e di cui peraltro non si conoscono amori, tranne l'eterno spasimante Amedeo; soprattutto, scienziata di eccezione, con i suoi diari di cui ci vengono dati solo estratti scientifici e a volte sentimentali, senza che venga chiarito qual era il loro obiettivo finale. È anche, quindi, la rievocazione di un rapporto nonna-nipote, intenso e duraturo nel tempo (come se ne trovano altri: vedi Va' dove ti porta il cuore), evidentemente libero dalla problematicità e dai ricatti impliciti che spesso affliggono il rapporto madre-figlia.
Nella conclusione, tutti i fili si legheranno in uno scioglimento sorprendente e fantascientificamente corretto: ma il romanzo vale soprattutto per l'atmosfera di "giungla domestica", di mistero che alligna, o meglio vegeta, tra una serra e un'osteria di un paesino sulle colline parmensi.
Non mi intendo di questioni editoriali, non so di chi siano i diritti di questo romanzo (l'autrice e il marito non ci sono più, e nemmeno l'editore Dall'Oglio), ma non mi spiego come un romanzo come questo, o come Esperimento Donna, non venga ripubblicato da Urania o Delos, come lo è stato Aldani. Si tratta forse di quella "fantascienza umanistica" tipicamente italiana che in seguito è stata abbandonata; tuttavia, perché non creare un minimo di tradizione anche nella nostra fantascienza?
Babini, Adalberto Cersosimo, Gilda Musa, Inisero Cremaschi, Ernesto Vegetti,
Massimo Pandolfi, allo SFIR di Ferrara nel 1978. © Foto Vegetti. Fonte: Delos