Fantascienza

Metéo e la sua macchina, di Donato Martucci

Lunedì, 29 Maggio 2017

Pallanotista in gioventù, avventuriero in guerra, giornalista, studioso, organizzatore di eventi e romanziere. Di Donato Martucci possiamo dire che è un pluridimenticato dallo sport e dal mondo della letteratura in genere: mi interessa poco il primo aspetto, se non che è giusto ricordare che dal 1947 al 1981 Martucci fu capo ufficio stampa del Coni e prezioso consigliere del presidente Giulio Onesti1, mentre in qualità di scrittore e di romanziere in particolare, sebbene non molto prolifico, diede alle stampe alcuni libri a mio avviso molto interessanti, tutti meritevoli di rilettura e di riscoperta.

Nato a Napoli il 19 gennaio 1916, è il classico intellettuale dai mille e variegati interessi: svolge molto lavoro giornalistico su quotidiani e settimanali, pubblica libri di politica, di costume e di filosofia. Nel 1948 scrive con Uguccione Ranieri un primo romanzo di successo, Non votò la famiglia de Paolis, dove si narrano le vicende tragicomiche del professor Gualtiero De Paolis, incapace di recarsi a votare per sfiducia nella classe politica, con conseguente e involontaria vittoria alle elezioni dei comunisti del Fronte Popolare. Nel 1950 i due - ma forse uno o anche tre - danno seguito a questo primo successo ristampando un un paradossale ed esilarante romanzo breve di fantapolitica, dal titolo Lo strano settembre 1950, con Stalin quale protagonista principale. In occasione dell’Anno Santo del 1950, l’uomo d'acciaio si reca a Roma in incognito, per farsi confessare da Papa Pacelli. Il libro, pubblicato da Longanesi nella collana Il Mondo Nuovo, fece molto scalpore e la leggenda narra che alla stesura abbia collaborato anche Leo Longanesi in persona, in forma più o meno anonima2. Bollato da Palmiro Togliatti come “Anticomunismo idiota”3, il libro può e deve essere considerato uno dei precursori del genere fantascientifico in Italia. Non a caso, Italo Pileri, in occasione di un breve testo a corredo della mostra dedicata alle opere di proto-fantascienza italiana, nell’ambito dell’edizione 2010 della Mostra Internazionale del Film di Fantascienza e del Fantastico, lo inserisce nell’elenco di quelli più significativi. Martucci e Ranieri chiusero il cerchio fantapolitico nel 1953, con Non tornò Umberto di Savoia, dove narrano delle vicissitudini dei monarchici italiani alle prese con premi di maggioranza e impantanati nella Repubblica Popolare Progressiva Italiana. Il trittico, se così possiamo definirlo, rappresenta il fedele ritratto di un’Italia zoppicante e ondivaga, vittima dei  problemi di sempre, irrisolti e irrisolvibili…

Problemi che, anche a distanza di un ventennio, tornano a farsi sentire nelle parole di Donato Martucci, che nel 1973 scrive - questa volta da solo - Metéo e la sua macchina, dando corpo, letteralmente, ad uno degli slogan più amati dagli italiani: “Piove governo ladro”. Romanzo breve, edito da Garzanti, mette assieme gli stereotipi tipici del nostro paese, in continuità con i lavori precedenti e, in egual misura, con i nostri giorni. Passano gli anni, cambiano i nomi, ma siam sempre qui a chiederci che tempo farà domani, chi sarà il prossimo Primo Ministro, chi ci venderà il petrolio, chi comparirà sulla copertina dei rotocalchi scandalistici.

Metéo e la sua macchina narra delle gesta di Prospero Metéo, tipico esemplare dell'italico genio, capace di realizzare un marchingegno in grado di modificare le condizioni atmosferiche in un raggio di 400 chilometri. Per l'umanità sarebbe un gigantesco passo avanti: raccolti copiosi assicurati, successo garantito di tutte le manifestazioni all'aperto, gite di fine settimana senza l'incubo della pioggia, irrigazione dei deserti, tintarella estiva sottratta all'alea degli acquazzoni. La meravigliosa invenzione, invece di portare progresso e benessere, genera incidenti diplomatici, invidie e richieste di ogni tipo: tutti vogliono la macchina del tempo, chi per usarla a suo esclusivo beneficio, chi per distruggerla, calpestando tutto e tutti, anche i morti. Senza voler spoilerare troppo, posso dire che alla fine il marchingegno andrà distrutto, ma poiché in Italia non si butta via nulla...

Metéo e la sua macchina  è un libro facile e difficile al tempo stesso. Facile perché con semplicità ci parla dei conflitti contemporanei, che vedono l’uomo alle prese con gli elementi e con la tecnologia; difficile perché sente il peso degli anni, fa riferimenti politici ad un decennio, quello dei Settanta, che oggi appare vetusto, se non preistorico. Con le dovute cautele, mi ricorda molto la comicità di Totò, incomprensibile fuori dai patrii confini, esilarante per chi possiede quel bagaglio di meta-comunicazione che va oltre la semplice parola. Il libro è scritto da un italiano ed è rivolto ad un pubblico di connazionali, questo è evidente ed è bene ricordarlo: una sorta di amore e odio per la Penisola e i suoi abitanti è uno degli elementi che ricorrono più spesso nelle cento pagine o poco più che compongono il romanzo.

Che Martucci abbia una capiente faretra è evidente, scocca frecce che hanno a che fare con la filosofia, la coscienza, la politica e la diplomazia, lanciando messaggi che ancora oggi colpiscono il bersaglio. Come un moderno Cupido, Martucci si riserva un'ultima importante e bonaria freccia, che lancia a favore di Prospero e di una bella e intelligente collega russa. Tra i due scatterà la scintilla dell'amore, a discapito di tutto e tutti, anche degli interessi politici. Finalmente una nota positiva: che lo scrittore napoletano fosse un romanticone? Che volesse, nonostante tutto, dare speranza all'Italia e al genere umano? Per le risposte, non so che dire: 40 anni e passa non sono serviti e tutto è peggiorato…. piove, governo ladro!

  1. Addio Martucci: il Coni ha perso la memoria.
  2. Stalin si è convertito in Piazza San Pietro.
  3. "Lo strano settembre 1950": intervista a Francesco Perfetti.

Scheda del libro

  • Titolo: Metéo e la sua macchina
  • Collana: Fuori collana
  • Autore: Donato Martucci
  • Pagine: 110
  • Editore: Garzanti
  • Anno: 1973

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