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Collezionare copertine di Mario Dagrada

Martedì, 21 Giugno 2016

Si possono collezionare i libri per i motivi più svariati, dal genere all’autore, per casa editrice o per collana, talvolta anche per periodo. Raramente, almeno credo, lo si fa per la copertina, che pure riveste un’importanza capitale nell’indurre il lettore all’acquisto. Sono convinto che molti dei lettori di Mattatoio n.5, come il sottoscritto, abbiano fatto compere sulla spinta emotiva di illustrazioni bizzarre, fantastiche o ammiccanti, talvolta realizzate da autentici fuoriclasse  come Carlo Jacono, Ferenc Pinter o Karel Thole, ma anche grazie a opere più grafiche e meno di nicchia. Bene, detto questo, confesso che una parte della mia libreria è occupata dai capolavori firmati Mario Dagrada, usciti per Rizzoli nella collana La Scala tra il 1962 e il 1971.

 «Bisogna sviluppare il settore dei libri. Siamo troppo indietro rispetto a Mondadori»1
Con queste parole Angelo Rizzoli diede il via al rilancio del settore librario, a inizio degli anni sessanta, affidando a Domenico Porzio ed Efrem Aschieri il compito di rinnovare la storica casa editrice milanese, in quegli anni in sofferenza rispetto alla concorrenza, capace, anche grazie all’aspetto e alla confezione delle proprie uscite, di imporsi al grande pubblico: Bruno Munari e Albe Steiner firmavano infatti le copertine per Einaudi e Feltrinelli, con risultati di assoluta eccellenza. A partire dall’immediato dopoguerra, l’attenzione verso la grafica e l’attuazione del cosiddetto "progetto coordinato", resero il libro un oggetto del tutto nuovo rispetto al passato. Se si eccettua un esperimento tipografico compiuto tra il 1956 e il 19582 da Einaudi, quando la casa editrice torinese avviò la progettazione di un carattere specifico per le proprie edizioni, alla fine il lavoro dei professionisti della grafica si esplicò soprattutto nell’ambito dell’aspetto visivo. In quest’ottica, nel dare vita nel 1961 alla collana La Scala, Domenico Porzio si affidò a un giovane grafico milanese: Mario Dagrada.

Dagrada entra in Rizzoli nel 1961, a ventisette anni, con alle spalle collaborazioni con Gallo Pomi e Alfa Romeo. Per tre anni progetta, disegna e dirige la produzione dell’identità grafica delle nuove collane, tra cui La Scala, dove si permette di mettere in pratica idee nuove e sperimentali, tracciando un proprio personale solco in seno all’editoria italiana. Le soluzioni che propone sono inizialmente accettate con riluttanza dai responsabili, tra cui Carlo Ripa di Meana, il direttore della collana. Ma il successo dei primi titoli cancella ogni dubbio.3

Copertine di Mario Dagrada per Rizzoli La Scala
Alcune delle copertine di Mario Dagrada per la collana La Scala, Rizzoli Editore - Fonte: SDWWG

La confezione libraria è innovativa, le copertine sono stampate su imitlin, la cui finitura simula la texture della tela. Per la prima volta si usa lo strumento della suggestione: un dettaglio, un particolare della storia per descrivere il tutto. Lo stile, vicino alla pittura, si fonda sull’uso creativo di carta e particolari fotografici inseriti in un modulo grafico caratterizzato da una base “strappata”.4 Il risultato finale occupa sia il fronte che il retro, tanto che per apprezzarlo a pieno è necessario aprire il libro, protetto da una sovracoperta in acetato e al cui interno si può anche trovare un segnalibro con la biografia dell’autore. Insomma, siamo di fronte a un'opera complessa, che non si limita alle sole parole ma che vuole soddisfare anche la vista e il tatto.

Per questi lavori Dagrada ha vinto una Medaglia d’Oro dell’Associazione Librai per la migliore copertina dell’anno, con La Califfa di Alberto Bevilacqua, anche se forse sono ben altri i lavori entrati nell’immaginario dell’epoca. Tra questi, oltre a La vita agra di Luciano Bianciardi e a La dama di piazza di Michele Prisco, è giusto ricordare Boris Vian (L’autunno a Pechino e Sterpacuore) e Giles ragazzo capra di John Barth, recensito anche su questo sito, sempre dal sottoscritto. Certi libri ormai possiamo solo immaginarli con la copertina che gli è stata cucita addosso, pensarli in altre vesti è quasi impossibile, per la gioia dei grafici e delle case editrici dei nostri giorni. Senza voler essere polemico, di certo non capisco perché ogni tot anni si senta il bisogno di rifarle, soprattutto dei grandi classici.

Per chi volesse approfondire e conoscere meglio l’artista e grafico milanese, segnalo l’esistenza dell’Archivio storico del progetto grafico - Fondo Mario Dagrada. Tale fondo è costituito prioritariamente dalla raccolta dei volumi della collana La Scala edita da Rizzoli negli anni sessanta, a cui successivamente lo stesso Dagrada ha donato un corpus eterogeneo di materiali in cui sono compresi bozzetti, stamponi e campioni in originale di progetti eseguiti per un ventaglio più ampio di committenti: oltre Rizzoli, Alfa Romeo, Ferrovie dello Stato, San Pellegrino, Roberts, per citarne solo alcuni.

  1. Domenico Porzio in una intervista di Alberto Mazzucca in La erre verde, Longanesi, Milano 1991, pp. 263-264.
  2. Grafica italiana dal 1945 ad oggi, di Carlo Vinti, Giunti Editore, 2016, pp. 27-28
  3. Mario Dagrada. Dal design editoriale per Rizzoli alla pubblicità, di Francesco E. Guida.
  4. SDWWG e la grafica: dai favolosi Sixties ad oggi

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