Thriller

Bocche di fuoco, di Ed McBain

Giovedì, 05 Agosto 2021

Ho da poco terminato la lettura di Bocche di fuoco, romanzo per il quale dopo essere giunto alla parola “the end”, mi sono detto: “Ed McBrain, non me la fai… sono sicuro tu abbia origini italiane”. Una rapida verifica ha confermato la mia impressione: nato Salvatore Albert Lombino, da una famiglia di immigrati italiani originari di Ruvo del Monte, ha poi cambiato legalmente nome nel 1952, diventando Evan Hunter. Così si firmò per la sceneggiatura di uno dei film più celebri di Alfred Hitchcock, Gli Uccelli. Solo per questo meriterebbe eterna riconoscenza. Ed McBrain è invece lo pseudonimo utilizzato per buona parte dei suoi lavori, tra cui la celebre serie poliziesca dedicata all'87° distretto della città di New York. 

A farmi pensare che dietro Ed McBrain si celasse un animo italiano, il finale del romanzo. All’apice della tensione drammatica, il protagonista si chiede cosa penserà la mamma di quegli accadimenti. Oltre a questo non trascurabile dettaglio, ci sono poi molti aspetti descritti nel libro che appaiono autentici e realmente vissuti, non solo dal protagonista Nicholas Donato ma anche da chi ne ha concepito la trama. 

Uscito nel 1976 negli Stati Uniti per la Random House di New York, con un titolo semplice ma scoppiettante, Guns, trova spazio in Italia nella collana Maschera Nera. I capolavori del giallo d’azione. diretta da Oreste del Buono agli inizi degli anni Ottanta per la Mondadori. Bocche di fuoco merita una menzione speciale tra le opere dello scrittore americano non solo perché fa corpo a se rispetto alle serie più conosciute da lui realizzate, ma anche perché per la prima volta narra assumendo la prospettiva di un rapinatore, nella cui vita imperano "solo fughe e sparatorie: tutto sarà per sempre una rapina"1.

Nicholas "Colley" Donato, questo il nome del protagonista, amava le armi. Le amava anche più delle sue donne. A soli sedici anni se ne procurò una di fabbricazione spagnola e ci mancò poco che non sparasse ad un coetaneo, reo di avergli fatto spaccare due denti. Cresciuto nel quartiere di Harlem, era conscio di avere ben poche alternative: piacere alla gente o venire fatto fuori. Colley capisce ben presto che una pistola è meglio averla tra le mani, che davanti al muso, ben sapendo dell'esistenza di un detto in voga tra gli italo americani, che ricorda che “di pistola si vive, di pistola si muore”.

Nicholas si da da fare, con la sua piccola squadra mette insieme un buon numero di rapine. Arrivano alla numero dodici senza problemi, pronti ad affrontare la successiva. Decidono di alleggerire l'incasso di un negozio di liquori, per portarsi a casa un po' di dollari. In un film qualsiasi tutto andrebbe per il meglio, ma non in un noir di Ed McBrain, non se questa è la rapina numero tredici. Ogni italiano è consapevole dei rischi che questo comporta: la sfortuna è lì che ti aspetta, pronta dietro la porta. Dietro la porta trovano invece la polizia e ad alleggerirsi non è il distributore di cassa ma le pistole dei presenti. La Colt Detective Special di Nicholas abbatte due piedi piatti: uno muore, l'altro è gravemente ferito. Il piombo colpisce anche uno dei membri della banda, Jocko, che perde sangue copiosamente e necessita di cure.

Inizia la fuga, un viaggio scontato verso l'inferno, con tappe che avranno a che fare con tutte le cose che hanno un peso nella vita, almeno per un italiano: gli amici, la famiglia, il successo, ma anche il tradimento e la passione. Mentre Jocko è ferito e agonizzante nel letto, Nicholas se la spassa infatti con la sua compagna, Jeanine.

Aveva visto il diavolo dietro gli occhi di Jeanine, aveva udito la risata del diavolo che le risaliva dalle viscere, le arrivava a forza fino alla bocca, una risata traboccante di una malvagità che godeva dell’azione truce e brutale appena commessa. Lentamente il rivolo di sangue si faceva strada verso lo stipite della porta.
“Di pistola si vive di pistola si muore”.

Finisce male, almeno per il "povero" Jocko, che viene fatto fuori dai due amanti. Ma è solo questione di tempo, affinché ciò che deve accadere accada. Il ritmo con cui la voce "fine" si avvicina è incalzante; Ed McBain è bravo, perché nonostante il destino appaia ineluttabilmente scritto, riesce a tenere il lettore incollato alle pagine, narrando una storia di fallimento e disperazione che non può che concludersi in un modo. Il dramma, chiamiamolo così, è che non si può fare a meno di stare dalla parte di Nicholas , nonostante sia un violento, un omicida conclamato. Bocche di fuoco è un noir "frequentato" quasi esclusivamente da truffatori, prostitute, spacciatori e da gente al margine della società, dove è più facile affrontarsi con una pistola che con un saluto. A mio avviso Bocche di fuoco è uno dei romanzi più belli usciti dalla penna Ed McBain e merita sicuramente una lettura, almeno per immedesimarsi una volta tanto nei panni del rapinatore e non nel "solito" detective di turno. Sarai poi curioso di sapere cosa ha pensato la mamma... 

  1. Ed McBain, Wikipedia
  2. Pagine riempite da calde "bocche di fuoco", G. Condorelli, Liberazione, 12/02/1997.

Scheda del libro

  • Titolo: Bocche di fuoco
  • Collana: Maschera Nera
  • Autore: Ed McBain
  • Traduttore: Lidia Lax
  • Pagine: 277
  • Editore: A. Mondadori
  • Anno: 1980

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