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Intervista a Federico Cenci, uno dei fondatori di Cliquot

Mercoledì, 20 Marzo 2019

Max Boschini ha posto qualche domanda a Federico Cenci: appassionato e studioso di letteratura popolare e di genere, ha deciso a un certo punto di pubblicarsi quei libri che tanto voleva leggere ma che non trovava da nessuna parte, fondando nel 2014 la casa editricie romana Cliquot, oggi da lui condotta assieme a Paolo Guazzo, Roberta Rega e Cristina Barone.

Max: Federico grazie della disponibilità. Faccio un passo indietro, per spiegarti cos'è Mattatoio n.5 e che spirito ci anima. Sul sito abbiamo un manifesto, nel quale dichiariamo il nostro incondizionato amore per i libri che indagano l'illecito, l'estraneo, il represso, il bizzarro, l'ignoto, la “cosa” perturbante che svela ciò che nel familiare è stranamente inquietante. Oltre a questo, aggiungi che preferiamo parlare di autori dimenticati, di edizioni sconosciute e polverose. Per quanto vi conosco, mi sembra che si parli la stessa lingua. Ti chiedo se ci puoi descrivere gli obiettivi della vostra casa editrice e cosa vi ha spinto a buttarvi in questa operazione.

Federico: Ciao Max, grazie a voi per l'occasione. Naturalmente conosco Mattatoio n.5 proprio perché, come giustamente dici, parliamo la stessa lingua. Tant'è vero che diversi libri di cui avete scritto già li avevamo presi in considerazione anche noi, e per altri, invece… abbiamo preso nota!
L'idea di Cliquot è infatti proprio la riscoperta dei classici mancati, delle opere belle ma dimenticate da tutti. In una certa misura potrei dire che all'inizio la molla è stata quella di “pubblicare i libri che ci piacciono ma che non si trovano più”, ma poi ci siamo resi conto che il valore culturale di quello che stiamo facendo va molto al di là di questo, perché riportando alla luce le opere che rispecchiano la nostra sensibilità (ma anche, ci auguriamo, una sensibilità diffusa) quello che davvero facciamo è rimettere in discussione la scala di valori che l'industria editoriale del Novecento ha cristallizzato, ridando lustro a generi letterari, opere e autori che il clima intellettuale del secolo scorso aveva marginalizzato.
E in tutto questo, il genere fantastico e la letteratura popolare hanno un ruolo particolare, con la distinzione che è sempre stata fatta fra cultura “alta” e “bassa” che ha impedito a bravi autori e opere meritevoli di essere ricordate a dovere.

M: Pur occupandosi di “manoscritti ritrovati in umide cantine e storie ripescate in polverose riviste”, ai miei occhi Cliquot appare di certo come una casa editrice all'avanguardia, che non disdegna di sporcarsi le mani nei social e utilizza il crowdfunding con successo. Questo per chiederti se ti sei fatto un'idea del lettore ideale, quello sensibile alle vostre pubblicazioni?

F: Una certa fetta del nostro pubblico è senz'altro quella del collezionista e dell'appassionato di letteratura fantastica. La nostra collana Fantastica, in cui andiamo alla riscoperta di tesori nascosti della narrativa dell'immaginario di inizio Novecento, esce in doppia versione: c'è l'edizione Classica in brossura per le librerie, e c'è l'edizione Deluxe cartonata a tiratura limitatissima e numerata. In genere gli appassionati di questi libri più ricercati non sono grandi frequentatori di internet, ed è più facile incontrarli alle fiere o alle presentazioni, occasioni in cui è anche possibile vedere e apprezzare il libro di persona.
Poi, però, abbiamo anche, per esempio, la collana Biblioteca, che ha un taglio più letterario e che ambisce a diffondersi a un pubblico più ampio, frequentatore delle librerie, che in genere è anche un habitué di internet o di social. Per un piccolo editore è importante non tralasciare nessuno di questi canali, soprattutto se, come noi, la distriubuzione alle librerie è fatta direttamente senza passare per il distributore (e dunque più orientata alle librerie indipendenti che non ai negozi di catena). Il passaparola che si genera in rete è fondamentale.
E il nostro obiettivo in realtà è proprio quello di far scoprire tutti quei titoli che in genere vengono considerati “di nicchia” anche a un pubblico più vasto che possa apprezzarli sia per il contenuto, che per il modo in cui noi li proponiamo (bella e ricercata veste grafica, canali particolari come il crowdfunding, e così via).

M: Come ti spieghi che in un mercato dove escono migliaia e migliaia di titoli ogni anno, c'è chi cerca e apprezza libri come quelli che pubblicate?

F: Credo che i lettori che sempre più si stanno affezionando al progetto di Cliquot, oltre ovviamente a essere interessati al contenuto, siano accomunati da due caratteristiche: sono persone con il “gusto del bello” e che apprezzano l'impostazione del “poco ma buono”.
L'avventura della casa editrice è cominciata nel 2015 soltanto con gli ebook, e siamo poi passati al cartaceo l'anno successivo. Quando abbiamo deciso di fare questo grande passo, ci siamo sentiti gravare della responsabilità di portare su questa Terra nuovi “oggetti materiali”, e ci siamo detti che avremmo dovuto farlo come si deve, dato che il mondo è già invaso da oggetti brutti e immondizia di ogni tipo. La filosofia è stata dunque fin da subito quella di proporre libri di altissima cura editoriale e tipografica, con materiali pregiati e una grande attenzione alla forma e all'aspetto sensoriale, affinché possa sempre essere un piacere sfogliare un libro Cliquot nella libreria di casa, anche fra cinquanta o cent'anni.
E poi un'altra nostra caratteristica è quella di uscire annualmente con pochissimi titoli ben selezionati, per valorizzarne il contenuto e non contribuire al circolo vizioso della sovrapproduzione, meccanismo perverso tipico dell'editoria tradizionale legata alla distribuzione su larga scala.

M: Sono curioso di sapere con che criterio scegliete i “vecchi” autori da riscoprire. Intuito? Consigli dall'esterno? Cosa c'è dietro?

F: Ogni titolo ha una storia a sé. Ci sono quei libri come Gli esploratori dell'infinito di Yambo (libro illustrato del 1906!) che una volta erano famosissimi e vendevano migliaia e migliaia di copie e poi, non si sa perché, da un giorno all'altro sono spariti dalla circolazione e oggi sono ricordati soltanto negli articoli o nei saggi sul fantastico o la protofantascienza in Italia.
Altri, invece, come Gomòria di Carlo H. De' Medici (romanzo gotico illustrato del 1921), erano completamente dimenticati da tutti e sono stati ripescati dall'oblio grazie o alle nostre ricerche, o ai consigli di collezionisti e di nostri clienti affezionati che ormai regolarmente ci suggeriscono questo o quel titolo da indagare.
Alla base di tutto, comunque, c'è la ricerca. Come ho già raccontato altre volte alle presentazioni o nelle interviste, non bastano due clic su Wikipedia per scoprire un autore o un'opera da ripubblicare. Diversi autori che vorremmo proporre non solo non hanno una pagina di Wikipedia, ma sono talmente dimenticati che di loro non si conoscono neppure le informazioni biografiche di base come la data di nascita o di morte!
È necessario sporcarsi le mani: spulciare nelle biblioteche e negli archivi, consultare vecchi cataloghi e vecchi manuali, farsi aiutare dai collezionisti in giro per l'Italia, e leggere, leggere, leggere. A volte acquistiamo, per una valutazione letteraria, libri rari da ogni parte del mondo, e magari dopo averne lette due pagine ci accorgiamo che non fanno per noi.
Una volta su mille, però, la ricerca dà i suoi frutti, e quando il libro ci convince (e quando si raggiunge un accordo con gli eredi dell'autore, se è ancora in diritti), lo portiamo fino alla pubblicazione. La soddisfazione è tanta, perché oltre a riscoprire un'opera, in molti casi è quasi come dare una seconda vita allo scrittore stesso, in quanto il suo nome ricomincia a circolare.

 

M: Posso permettermi di segnalarvi i nomi di Italo Cremona e Giovanni Arpino? Non vi piacerebbe ripubblicare Minuetto all'inferno di Elémire Zolla? Io lo cerco da tempo senza successo… A parte gli scherzi, come ha vissuto il successo de Le venti giornate di Torino di Giorgio De Maria?

F: Grazie per i suggerimenti. Su uno di questi autori abbiamo già posato gli occhi da tempo…
Ovviamente il successo de Le venti giornate di Torino mi riempie di gioia ed è un'altra conferma che esistono ancora tanti libri bellissimi che aspettano soltanto di essere riscoperti.
Anche noi, nel nostro piccolo, ci stiamo accorgendo che questa ricerca assidua pian piano ripaga dello sforzo. Gomòria, uscito appena lo scorso dicembre, in pochi mesi – vuoi per la storia tardo-decadente che ricorda lo stile di Huysmans, vuoi per le illustrazioni meravigliose dell'autore, vuoi per il mistero che alleggia sull'autore stesso di cui non si sa nulla se non che fosse uno studioso di esoterismo e scienze occulte – sta rapidamente diventando il nostro bestseller.

M: Puoi darci qualche indiscrezione sui prossimi titoli pubblicati da Cliquot?

F: Certamente! Per la collana Biblioteca è appena uscito Il re ne comanda una, romanzo grottesco d'esordio dello scrittore triestino Stelio Mattioni, pubblicato per la prima volta da Adelphi nel 1968 e di cui Italo Calvino ha tessuto più volte le lodi.
Ad ottobre, sempre per la collana Biblioteca, pubblicheremo un libro degli anni Cinquanta dello scrittore francese Jean Malaquais, il cui titolo originale è Le gaffeur, romanzo distopico davvero sorprendente, ricorda molto da vicino 1984 di Orwell o L'occhio del purgatorio di Spitz.
Per il prossimo titolo della collana Fantastica, in uscita a dicembre, siamo ancora indecisi fra due o tre idee che ci piacciono molto, ma visto il successo che sta avendo Gomòria è probabile che opteremo per la riproposta di un altro titolo di questo straordinario autore e illustratore che è Carlo H. De' Medici

M: Grazie Federico, Cliquot è tra le nostre case editrici preferite, la troviamo molto in linea con il nostro manifesto e questa intervista ci ha fatto capire molto del vostro modo di vedere le cose.

F: Grazie a voi per l'intervista!

 

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