Se non del tutto ingannevole, sicuramente furbesca è la presentazione in quarta di copertina, che afferma che «nelle pagine si trovano personaggi che si rifanno a quelli famosi della narrativa e del cinema dell'orrore come, a esempio, il conte Dracula, il Lupo Mannaro, e altri mostri non disgiunti da quelli della antica mitologia», assicurando che «Si tratta, dunque, di uno dei volumi più bizzarri e fantastici della grande narrativa». Un po' pretenzioso. Anche se Bloch è Bloch.
Fuorvianti, infine, le rielaborazioni grafiche di Dracula-Christopher Lee e della creatura di Frankenstein-Boris Karloff che campeggiano in copertina su ghiotto fondo viola, inducendo a pregustare un'opera intrisa di atmosfere gotiche e di sovrannaturali timori e tremori (Black and violet / are the colors / of your funeral... cantavano alla fine degli anni '70 i famigerati Death SS, la band antesignana dell'"horror rock" made in Italy i cui componenti si esibivano abbigliati da altrettanti mostri "classici" – il Vampiro, la Mummia, il Licantropo, etc. – con grande spreco di make-up e sangue artificiale).
Ci rivela l'arcano uno sguardo al Poscritto dell'Autore che candidamente confessa: «Volevo rompere con quel mondo popolato di spettri e vampiri, fantasmi e funerali, bare e cimiteri. Così, dal serio passai al faceto» (p. 205). Si tratta infatti di racconti umoristici, anche se – avverte Bloch con quello che potrebbe sembrare imbarazzo travestito da disprezzo – «[...] quando decisi di tentare la via dell'umorismo, fui costretto ad attenermi ai modelli allora correnti che soddisfacevano i gusti di massa e la stupidità del momento» (p. 205). Come a dire, se i racconti che avete in mano vi sembrano stupidi, è perché li ho scritti quella volta. Onesta, quanto inutile, excusatio non petita.
Nel primo racconto, La buona azione del cavaliere (A Good Knight's Work), lo scanzonato protagonista si imbatte in un paladino di Re Artù catapultato nel futuro alla ricerca del "Cappadocian Tabouret", il tavolo che dovrà ospitare il Sacro Graal. La reliquia si trova, manco a dirlo, nel locale Museo di Storia e verrà conquistata – cioè, rubata – dai due compagni di avventure dopo una serie non proprio imprevedibile di vicende intervallate da qualche scazzottata e da una ridda di battute purtroppo datate, troppo legate cioè alla cultura americana della metà del secolo scorso (le storie risalgono agli anni tra il 1941 e il 1943) per essere apprezzate appieno dal lettore odierno.
Il drago affamato (The Eager Dragon) è il seguito del primo racconto. Lo stesso protagonista si trova ad accudire un uovo gigante lasciatogli da Merlino come segno di ringraziamento per il felice esito della prima avventura. Che cosa l'uovo contenga, è già detto nel titolo. Gli spiritosi, raramente spassosi, inconvenienti che possono accadere a chi si ritrovi un drago a girare per casa, rappresentano il contenuto essenziale del racconto.
L'ultima storia, Il custode degli incubi (Nursemaid to Nightmares), è forse quella più intrigante. Il disincantato e spiantato protagonista, scrittore disoccupato, viene assunto come domestico da un eccentrico miliardario il cui hobby consiste nel collezionare... mostri. La sua villa ospita infatti un vampiro, un licantropo, un centauro, un'amadriade e una sirena. Ma non tutte le creature sono docili e inoffensive, e il novello maggiordomo dovrà affrontare, in un crescendo di ridanciani e stravaganti "orrori", evocazioni demoniache, scambi di corpi, un'avvenente strega e... la mostruosità finale, la cui natura non è difficile intuire fin dall'inizio di questo lungo racconto.
A fine lettura, rimane l'impressione di un libretto interessante e sfizioso, confezionato con la scaltrezza di chi – l'Editore – sa fare bene il proprio mestiere, avvolgendo una scatola di cioccolatini non proprio freschissimi (ma pur sempre di marca) in una colorata e attraente carta da regalo. Si ha l'impressione inoltre che lo stesso Autore non nutrisse una stima esagerata per queste sue opere, quando afferma, nelle ultime righe del Prologo: «Ci fu dunque un tempo in cui mi divertii a scrivere queste stravaganti bizzarrie quando lo stravagante era di moda» (p. 208). Che lo stravagante sia passato di moda, non ci sentiamo di sottoscriverlo. Siamo però d'accordo sull'assunto di fondo: abbiamo letto di meglio, Mr. Bloch.
Postilla: se consideriamo, per onestà, che il libro è stato acquistato, in ottime condizioni, sulla bancarella di un mercatino dell'usato a un euro, possiamo ritenerci decisamente soddisfatti del ritrovamento, nonostante tutto.