Il percorso intrapreso dal protagonista, il giovane di nome Anodos, durerà esattamente 21 giorni, quanti sono gli anni che ha compiuto il giorno della partenza: una sorta di viaggio di iniziazione, che lo porterà non solo a scoprire il Paese delle fate, ma anche a mettere piede nella cosiddetta età adulta. Non a caso, sarà un’enigmatica Signora di Marmo a spingerlo a partire, verso una meta che conosce ma della quale non ha chiaro le tappe intermedie. Parliamo di amore? Di vita? Forse di entrambe? Incamminatosi, ignaro di ciò che dovrà affrontare, Anodos incontrerà personaggi di ogni tipo, in un’allegoria che lo porterà ad avere a che fare con l'intero Pantheon del fantastico. All'appello, non mancherà nessuno: fate dei fiori, spiriti degli alberi, cavalieri, folletti, fantasmi, giganti e donne buone e donne cattive. Ogni giorno sarà un'avventura diversa, godibile in forma indipendente non solo per lui ma anche per che ne legge.
Anche lo stile narrativo di MacDonald cambia via via che il protagonista si inoltra nel Paese delle fate, passando dal romanzo cavalleresco dell'inizio all’allegoria cristiana del resto. I riferimenti al cristianesimo non sono esplicitati da azioni concrete, ma riguardano più che altro la visione che l'autore ha del Mondo, alla base della morale su cui si regge l'intero libro. A fare da trait d’union, l’unico obiettivo chiaro, quello a cui Anodos aspira fin dalle prime pagine: andare verso est, esattamente dove tutto finirà, o forse dove tutto ha avuto inizio. Infatti, nonostante la scintilla che spinge il giovane adulto a muovere i primi passi sia la Signora di Marmo, non è mai del tutto chiaro il motivo poi che lo spinga a proseguire imperterrito, ad intraprendere una sorta di viaggio al termine della notte che lo riporterà esattamente al punto di partenza. Come in un sogno, è chiaro fin da subito che tutto finirà al risveglio.
Come dicevo all’inizio, l'apparente mancanza di trama è l'aspetto più strano del libro e chi volesse leggerlo, dovrà essere disposto a rinunciarvi. Non credo sia un caso e penso che una delle chiavi di lettura per farselo piacere sia proprio l'invito a lasciarsi andare, a superare le convenzioni a cui siamo incatenati. MacDonald ci stimola ad affrontare il fantastico senza paura del buio. Ci ho messo un po' a metabolizzare questi aspetti ma confesso che, una volta arrivato alla fine, quasi mi è spiaciuto tornare... alla realtà! Il viaggio o il sogno compiuto da Anodos è certamente benefico, non solo per lui ma anche per chi legge delle sue avventure. Avventure che lo porteranno non solo ad avere a che fare con esseri di ogni tipo, ma anche con paesaggi e ambientazioni del tutto particolari.
I luoghi immaginati da George MacDonald sono anch'essi magici, alla pari delle creature disseminate nel libro. Troviamo panorami mozzafiato, prati di rugiada, alberi antropomorfi, fiumi tortuosi e mari in tempesta, in una sorta di cartina geografica dove non manca nulla, nemmeno il male. Quest'ultimo, dove presente, sembra più una necessità letteraria, una cosa che può essere tranquillamente tenuta a bada, anche se ogni tanto qualche morto ci scappa. Anche il paesaggio gioca un ruolo molto importante, perché alla pari dello stile di scrittura induce il lettore a lasciarsi andare, ad essere trasportato nel regno del fantastico, dove tutto può succedere. A distanza di tempo, posso dire che la cosa che più mi manca di Anodos sono proprio le sue ambientazioni.
La critica ha spesso associato il nome di George MacDonald a quelli di J. R. R. Tolkien e di C. S. Lewis e anche un lettore poco attento non potrà che collocare il Paese delle fate a cavallo tra la Terra di mezzo e Narnia. Parecchi testi si soffermano sull'influenza che lo scrittore scozzese ebbe sull'autore de Il Signore degli Anelli e su questo tema vi invito a leggere l’interessante articolo di Roberto Arduini, dal titolo George MacDonald e J.R.R. Tolkien, un’ispirazione rimpianta, nella quale viene descritta bene la situazione. Per i più pigri, mi limito a riportare che per Tolkien, MacDonald era “uno scrittore per cui ho una sincera e modesta antipatia”. Di ben altro tenore le parole di C. S. Lewis, che ebbe modo di scrivere di ritenere lo scrittore scozzese come suo "maestro"1: un giorno, leggendo una copia di Anodos, Lewis pensò di aver «attraversato una grande frontiera». E io propendo decisamente dalla sua parte, per il giudizio su MacDonald.
Anodos è considerato il primo fantasy scritto esclusivamente per un pubblico adulto e come tale ebbe una grande importanza, tanto da esercitare una grande influenza sugli autori del genere fantasy delle generazioni successive. Dato alle stampe per la prima volta a Londra nel 1858 con il titolo Phantastes: A Faerie Romance for Men and Women. In Italia arrivò per la prima volta nel 1977, grazie a Rusconi, che poi lo pubblicò nel 1990 con un titolo diverso: Le fate dell'ombra.
In chiusura, posso dire che Anodos è un romanzo molto particolare e non escludo che alcuni lo possano trovare noioso e inconcludente: le avventure del protagonista raramente sembrano giungere a qualcosa e questo priva la narrazione di quel pathos che è lecito attendersi da un romanzo fantasy. Ma detto questo, se affrontato come un sogno ad occhi aperti, può dare molte soddisfazioni, proprio perché è in grado di condurre chi lo legge verso mondi, stili e generi mai affrontati prima.
- What C. S. Lewis learned from his “master”, Christian History Institute