In questo romanzo, Herbert Read fa confluire la doppia tradizione del racconto filosofico e del romanzo d'avventura di cui è particolarmente ricca la letteratura inglese, da Moro a Bacone, da Butler a Morris, Wells, Chestcfton, fino a Huxley e Orwell1. In poco più di 200 pagine, i tre capitoli che lo compongono rappresentano sostanzialmente tre distinti racconti, con l'unico comune denominatore rappresentato dal protagonista. Una miscela letteraria in cui confluiscono fantascienza (capitolo 1), una certa filosofia cara a Voltaire riconducibile a Candide ovvero l'ottimismo (capitolo 2) e gli ultimi libri della Repubblica di Platone (capitolo 3). Un trittico di allegorie, che non rappresentano in senso stretto una satira ma piuttosto una sorta di aspirazione a un perfetto Nirvana, sia politico che mentale.
Il personaggio sul quale verte l'intero romanzo è un ex maestro di scuola inglese, Oliver, diventato dittatore di una fittizia colonia sudamericana chiamata Roncador, conquistata per mezzo di una "buona" rivoluzione e governata con il nome di Olivero.
Dopo venticinque anni di potere, il protagonista è però annoiato e decide di progettare la propria fuga: innesca un finto attentato, facendosi credere morto e riuscendo a tornare in patria. Arrivato al villaggio natio, incontra la "fanciulla verde", che salva da un sadico marito. Questa seconda parte poggia le basi sull'antica leggenda dei bambini verdi di Woolpit, che narra di due fanciulli dalla pelle di colore insolito e dal linguaggio incomprensibile, apparsi in un villaggio del Suffolk, in Inghilterra, in un periodo imprecisato del XII secolo, probabilmente durante il regno di Re Stephen. Herbert Read vi pesca a piene mani e la "nostra" fanciulla verde non è altro che una dei due bambini, ormai cresciuta. La strana creatura guida Olivero nel misterioso reame sotterraneo da cui essa proviene, i cui abitanti vivono ordinati in una splendida e ferma geometria, senza il patema dello scorrere del tempo. E qui Olivero troverà la soluzione faticosamente cercata del problema vitale: una specie di pietrificato paradiso descritto con una grazia inventiva che sotto l'allegoria nasconde l'aspirazione a un irraggiungibile nirvana. Come detto, un romanzo in cui confluiscono più generi, dove realtà e utopia convivono armoniosamente ai margini dell'avventura, capace di spiazzare ma anche di intrigare. Tra gli entusiasti anche Graham Greene, che scrisse l'introduzione all'edizione uscita nel 1946. E naturalmente tra questi mi ci metto pure io. La fanciulla verde è un libro magico, che pone domande e tenta a vari livelli di ipotizzare la società perfetta, ma è anche un libro sconcertante. È un grande libro o una serie di idee assemblate male? È un libercolo o un'opera d'arte? A tal proposito, vi lascio con una citazione tratta dal secondo capitolo, che merita da sola l'acquisto dell'intero "pacchetto": «Mi domandai allora se tutti i grandi statisti - Solone, Cesare, Carlomagno, Napoleone - non fossero stati, in sostanza, artisti alla ricerca di un mezzo di espressione»..
- La fanciulla verde, di Herbert Read. Bompiani, 1952. Tratto dal riassunto del libro.