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Nel pregiato volume Mondadori Il piacere della paura (uscito nel 1973) i curatori Ravoni & Riva ricercano le origini del genere horror nel fascino discreto della borghesia novecentesca. Prima gli psicagoghi americani Creepy ed Eerie, buffoni orrendi di grandi abbuffate di fumetti collaudati sui canovacci di Poe, Lovecraft, Shelley, Stoker rivisti su fondo retinato e un lettering innovativo che verrà ripreso dalla pop art. Poi l'incubo borghese ha attecchito anche qui da noi, in una serie di pubblicazioni popolari della prima metà degli anni ’60: i fotoromanzi del brivido dell’editrice Nova di Roma, le collane dei KKK, dei Racconti di Dracula e ancora i Romanzi diabolici, la collana degli Urania, i Gialli allucinanti, le scimmiette della Garzanti, I gialli del secolo, I gialli dello schedario, o le valanghe di fumetti neri che cominciano ad uscire dalla prima metà degli anni ’60: Kriminal, Satanik, Sadik, giù fino all’orgia dei fumetti horror erotici inventati da Renzo Barbieri e Giorgio Cavedon.

Ogni epoca, scriveva Walter Benjamin, sogna la successiva. È una "prefigurazione fantastica" che solo uno sguardo postumo può realmente cogliere, come una "lastra fotosensibile" le cui immagini impresse saranno rivelate solo dagli acidi, più potenti, del futuro (1). Il numero 5 di Horror, dell'aprile 1970, è una di quelle lastre, sorta di monade tesa tra quel che è stato e l'adesso, e che oggi possiamo guardare con nostalgia, curiosità, tenerezza: ma soprattutto come un esempio di che straordinario laboratorio di idee fu quella rivista, e di come essa abbia gettato i semi di molte esperienze germinate in seguito.

Nel 1964 usciva per l'editore milanese Sugar Il vampiro di Ornella Volta. Negli anni '60 il paese del sole (in realtà da sempre molto più lunare di quanto si potesse supporre, come la stessa Volta avrebbe scritto in un denso articolo – quasi un manifesto – nel quinto numero della rivista Horror)1 riscopriva il gotico, per il tramite di autori, registi ed editori spregiudicati e coraggiosi.

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