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Esistono libri che sono fatti di una scrittura anonima e che non aggiungono nulla al reame di carta esistente, né lasciano un messaggio nei tessuti connettivi di chi li ha letti. Eppure possono essere piacevoli, sugli scaffali delle librerie scompaiono rapidamente, vengono venduti come pane. E poi esistono libri composti con una scrittura personale, dove tra le righe il lettore esperto può rinvenire il seme di un intento artistico, di affermazione autoriale rispetto al marasma di carta scritta che respira in ogni angolo del pianeta e del tempo. E magari da questa seconda categoria, il lettore può estrapolare un senso delle cose, un messaggio, a dirla banalmente, che lo spiazzi, che gli consegni una visione del reale differente rispetto a quella che aveva prima, una concezione della logica modificata, proprio grazie alla porzione di innovazione che lo scrittore ha trasmesso alle sue pagine.

Tra ampie vesti profumate, fiori artificiali e ipnotici vapori di hashish, riposa, fiore reciso nel pieno del suo splendore, un efebo: Il signor Venere è il trionfo di decadenza e perversione. In una raffinata stanza da letto color blu notte, Razionalità e Inconscio si incontrano/scontrano, mentre il confine che separa Maschile e Femminile si fa sempre più labile. Il più celebre romanzo di Rachilde – nom de plume di Marguerite Eymery – è una Venere anatomica1 sui generis: una pelle d'alabastro, innervata di inquietudini e pulsioni tipiche di fine Ottocento – il secolo del Romanticismo e del Simbolismo –, racchiude un cuore perturbante tuttora attuale.

Sono finalmente riuscito a procurarmi Qualche goccia del tuo sangue di Theodore Sturgeon, che da tempo avevo nella lista dei desideri di Anobii. Non che fosse impossibile acquistarlo, considerando le edizioni relativamente recenti pubblicate da Urania Horror e da Giano, ma non mi era ancora capitata l'occasione giusta. La settimana scorsa, al Libraccio di Mantova, una copia edita da Mondadori nel 1990, dallo scaffale ha cominciato a farmi l'occhiolino e così... eccomi qua.

Un mondo in rovina in cui il ciclo delle stagioni scandisce l’eterno ritorno di Violenza, Guerra e Ingiustizia. Un mondo tinto di rosso sangue in cui gli esseri umani si tramutano in iene e lupi feroci. Tra le macerie si aggira un eroe nazionale sui generis, un buffone dalla lingua d’argento che incarna l’Indipendenza e la Libertà della terra di Fiandra: Till Ulenspiegel. Non è un caso che il romanzo di Charles De Coster sia stato riscoperto in Italia durante gli anni oscuri della Prima guerra mondiale: quest’opera parla ai cuori di chi si ritrova in balia delle tempeste della Storia.

I KKK classici dell’orrore sono finiti dal ’72. I Racconti di Dracula agonizzano nelle edicole tra ristampe e anonimato. Sulle rastrelliere immagino valanghe di fumetti porno horror, pocket di facile consumo per militari e viaggiatori annoiati (ma ormai anche il gotico pecoreccio ha ingolfato e Attualità Nera segna nuove rotte verso l’abisso). Per non parlare di miriadi di riviste per soli adulti, pubblicazioni che invadono letteralmente l’immaginario collettivo. In questo bailamme, altrove, in libreria, Sonzogno licenzia un romanzetto che potrebbe essere un degno epigono dei thrilling di Laura Toscano. Occhi di Laura Mars di tale H. B. Gilmour. Harriet B. Gilmour (24 novembre 1939, Brooklyn, New York – 21 giugno 2009, Cornwallville, New York) ha lavorato come copywriter, redattrice e direttore associato del marketing per la Bantam. Ha scritto libri per bambini e novellizzazione di film di successo. Gli occhi è uno di questi ed è a traino del film omonimo, scritto da John Carpenter e dallo sceneggiatore David Zelag Goodman.

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